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Scritto da Eva Forte
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Mercoledì 18 Maggio 2011 11:10 |
Il kiwi è uno dei frutti più consumati in Italia e siamo anche il principale produttore a livello mondiale. Una cosa molto positiva visto che questo frutto esotico è tra i più ricchi di polifenoli, proteggendo così il nostro corpo dallo stress ossidativo in modo più efficace rispetto al pompelmo e alle arance. Ma anche tra le diverse qualità di questo frutto esistono quelle migliori delle altre: in primis troviamo la varietà "gold" e a seguire quella "verde". Un'ottima protezione quindi per il nostro organismo: lo stress ossidativo, infatti, porta alla morte cellulare e favorisce la presenza di patologie gravi come l'aterosclerosi, le neoplasie, morbo di Alzheimer e di Parkinson e anche l'insufficienza cardiaca. Il kiwi arriva in soccorso contro queste degenerazioni, andando ad inibire l'ossidazione precoce dei lipidi.
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Scritto da Martina Paolucci
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Mercoledì 18 Maggio 2011 10:00 |
KLF14: sarebbe questo il nome del grande capo che dirige la macchina corpo umano determinandone le condizioni di obesità o di diabete di cui molti soffrono. La ricerca è stata effettuata da Tim Spector, professore di Genetic Epidemiology al Kings College di Londra, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature Genetics. La tesi sostenuta dal professore è che il gene KLF14 sia responsabile di altri geni e influente su quelli che svolgono attività metaboliche nell'organismo, soprattutto per quanto riguarda lo smaltimento dei grassi. Se lo studio venisse confermato, l'azione diretta su questo gene potrebbe diventare un'ulteriore soluzione per combattere le patologie dovute a problemi di metabolismo. Il gene KLF14 sarebbe collegato biologicamene al colesterolo e al diabete, e viene qualificato con il termine "Master" che sta proprio ad indicare come da esso possano derivare una serie di effetti a cascata su altri geni che lavorano sul metabolismo del nostro organismo. La funzione che appare interessante, secondo questo studio, è che il gene KLF14 può "spegnere" l'attività dei geni legati al diabete di tipo 2 e al colesterolo.
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Scritto da Eva Forte
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Martedì 17 Maggio 2011 10:30 |
Non sarà sicuramente in grado di predire eventi nefasti che potrebbero capitarci nella vita, ma molto probabilmente la nuova analisi del sangue ideata in Inghilterra per la Life Lenght potrà dirci quanto sarà lunga la nostra vita. Con 500 euro si potrà comprare tra pochi mesi questo innovativo test del Dna e scoprire in base al nostro codice genetico, quanto in fretta si sta invecchiando, avendo quindi una stima approssimativa del tempo che ci rimane da vivere. Ormai risaputa l'importanza dei telomeri, ossia la parte terminale del cromosoma attraverso cui indicare la velocità di invecchiamento, e proprio grazie a questa scoperta funziona questo test: in base alla loro lunghezza si può determinare quando avverrà la nostra morte. In questo modo possiamo vedere come età biologica ed anagrafica corrispondano e anche vedere che effetto ha sulla nostra salute lo stile di vita che portiamo avanti.
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Scritto da Caterina Poni
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Martedì 17 Maggio 2011 10:00 |
Nuovi consigli per prevenire l'infarto giungono ora da uno studio italiano, dopo i tanti studi internazionali sull'argomento. La ricerca si chiama ICAROS (Italian survey on CArdiac Rehabilitation and Secondary prevention after cardiac revascularization), e offre indicazioni da parte di cardiologi riabilitativi a individui colpiti da infarto che stiano affrontando un percorso di riabilitazione. L'esperimento è stato condotto su 1440 pazienti e ha dimostrato che la pratica di attività fisica dopo l'infarto può ridurre del 25% la probabillità di un secondo attacco cardiaco. I risultati sono stati presentati al congresso dell'Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), svoltosi a Firenze dall'11 al 14 maggio. Marino Scherrillo, il presidente dell'associazione, spiega come 30 minuti di camminata rapida, 4-5 volte alla settimana, sarebbero efficaci nella prevenzione dell'infarto. E perchè disdegnare una buona dose di attività fisica quando produce anche effetti positivi sulla capacità lavorativa e diminuisce la frequenza cardiaca, rinforzando il cuore.
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Scritto da Martina Paolucci
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Martedì 17 Maggio 2011 08:00 |
Con un poco di zucchero la pillola va giù! Lo diceva Mary Poppins, una delle tate più amate di sempre. E se lo zucchero non servisse solo a ingoiare la nemica pillola e fosse anche utile a farla funzionare meglio? A quanto pare, il glucosio e il fruttosio sarebbero in grado di svegliare i batteri, e di renderli così più vulnerabili al principio attivo dell'antibiotico. Lo studio è opera dell'Università di Boston, coordinato da James Collins, ed è stato pubblicato dalla rivista Nature. Una scoperta che rende molto più appetitose le cure per cui i ricercatori devono molto alla tradizione popolare. Francesco Scaglione, direttore della Scuola di specializzazione in Farmacologia Clinica dell'Università degli Studi di Milano, spiega: " Esiste in alcune famiglie la consuetudine di mettere zucchero o miele sulle ferite infette per favorirne la guarigione. E sembra che la cosa funzioni." La ricerca al momento è stata condotta solo sugli animali e necessita, ancora, di test sull'uomo che ne confermino gli esiti.
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