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Scritto da Angela Messina
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Giovedì 07 Aprile 2011 16:00 |
L 'OMS Europa lancia un allarme: la resistenza ai farmaci sta diventando sempre più grave e molte infezioni non si possono più curare con facilità: richiedono trattamenti prolungati e costosi ed espongono a un maggiore rischio di morte. Inoltre, meno del 5% dei farmaci attualmente in sperimentazione è composto da nuovi antibiotici. Grazie all’uso dei farmaci antibiotici, siamo arrivati a combattere malattie come la meningite batterica, forme di polmonite che erano considerate fulminanti in altre epoche; la mortalità generale della popolazione è diminuita e si è allungata la vita media anche grazie agli antibiotici che non vanno criminalizzati, ma vanno usati correttamente: prima di tutto va ricordato che agiscono solo sui batteri e che questi alla lunga tendono a modificarsi per adattarsi al medicinale per sopravvivere. Questi gli esempi più comuni su cui riflettere al momento, ma l’Oms punta l’indice anche e soprattutto su problematiche più vaste: ogni anno 25.000 persone, solo nella zona dell’Unione Europea perde la vita per infezioni da batteri antibiotico-resistenti e nella maggior parte dei casi il contagio avviene nelle strutture ospedaliere e sanitarie. Non solo: gli antibiotici vengono usati anche negli animali destinati all’alimentazione. I loro organismi sviluppano batteri che si modificano geneticamente per resistere a tali farmaci ed entrano nella catena alimentare arrivando all’uomo.
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Scritto da Angela Messina
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Giovedì 07 Aprile 2011 14:37 |
Meditare, così come agisce in maniera positiva sul benessere della persona, può alleviare i dolorosi sintomi di una malattia in fase terminale. Tale osservazione è stata riscontrata durante uno studio effettuato da Fadel Zeidan e pubblicato sulla rivista Journal of Neuroscience. Dopo una sperimentazione condotta su 15 volontari, è emerso che coloro che avevano utilizzato soltanto la meditazione per superare il dolore nel 99% dei casi avevano ottenuto risultati positivi. I dati necessari a comprendere l’effetto sul dolore e sul cervello della meditazione sono stati acquisiti per mezzo di una speciale risonanza magnetica per immagini, sia prima che dopo le sessioni. Per misurare invece l’effetto che la meditazione aveva sul dolore, ai volontari è stato provocato del dolore per mezzo di un dispositivo che produceva calore.La scansioni eseguite dopo le sessioni di meditazione hanno mostrato che tutti i rating dolorifici erano ridotti in una misura che variava dall’11 per cento al 93 per cento.
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Scritto da Maria Ida Longo
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Martedì 05 Aprile 2011 17:48 |
Uno studio eseguito dai ricercatori della Emory University e presentato al meeting dell'American College of Cardiology, mette in luce che la carenza di vitamina D mette a rischio le arterie, che perdono la loro elasticità causando quindi porta innalzamento della pressione e maggior rischio cardiovascolare. Per arrivare a queste conclusioni, gli scienziati hanno preso in esame 554 persone sane intorno ai 47 anni d'età verificando il tasso di vitamina D nel sangue: nel 14% dei casi, questa vitamina era sotto i 20 nanogrammi per millilitro, mentre nel 33% risultava sotto i 30, tutto questo dopo aver valutato l'elasticità dei loro vasi sanguigni sia a riposo che sotto stress.
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Scritto da Maria Ida Longo
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Martedì 05 Aprile 2011 16:39 |
Un decisivo passo avanti si è fatto per combattere l'Alzheimer, la notizia arriva da una importantissima ricerca, una delle più grandi a livello europeo fin ad ora compiuta sull'argomento e pubblicata sulla rivista scientifica "Nature Genetics": la coperta è stata quella di individuare altri cinque nuovi geni collegati allo sviluppo della malattia , oltre gli altri cinque che si conoscevano già. In realtà gli studi effettuati sono stati due: nella prima ricerca, finanziata dall'Istituto Nazionale Usa della Salute e condotta in 44 università e istituti di ricerca, gli esperti analizzando i dati genetici di 54mila soggetti, di cui 20mila malati di Alzheimer, hanno scoperto altri 4 nuovi geni coinvolti nello sviluppo della malattia.
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Scritto da Angela Messina
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Martedì 05 Aprile 2011 09:20 |
La lotta al cancro al seno non si arresta e si apre una speranza per combatterlo. Una novità importante per la cura dei tumori alla mammella arriva dai laboratori dell 'Istituto nazionale Tumori Regina Elena di Roma. Una ricerca approfondita ha dimostrato quanto sia importante nel tempo fare ulteriori test per valutare lo status del recettore HER2, proteina associata a un tumore molto aggressivo, anche sul tumore metastatico. Nello studio, pubblicato su Clinical Cancer Research, i ricercatori IRE hanno osservato che l'espressione del recettore HER2, dal tumore primitivo alla metastasi, può subire modificazioni sia da negativo a positivo sia viceversa. Lo studio è stato condotto su 137 pazienti trattate chirurgicamente per carcinoma mammario e ha dimostrato che l’espressione di HER2 si modifica nel 12% delle metastasi. Nel 25% dei tumori alla mammella sulla cellula tumorale è presente un recettore che dà un impulso alla sua crescita: i tumori HER2 positivi crescono molto più in fretta rispetto a tumori negativi per il recettore.
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