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Come preservare la fertilità nei pazienti oncologici
PMA - Articoli
Scritto da Eva Forte     Venerdì 14 Maggio 2010 14:47    PDF Stampa E-mail
fertilità e oncologia
Un mese fa abbiamo affrontato per la prima volta il discorso della preservazione della fertilità nei malati oncologici. Oggi a Siracusa si parla proprio di questo, argomento di grande attualità anche perchè grazie ai progressi scientifici il tasso di sopravvivenza di bambini e giovani affetti da neoplasie è in continuo aumento.

In occasione del Congresso Internazionale “The future of Reproductive Medicine”, presieduto da Ettore Cittadini - Professore di Ginecologia e Ostetricia presso l’Università degli Studi di Palermo - che ha riunito i maggiori esperti di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), si parla anche di questo, proprio perchè bisogna garantire una futura maternità e paternità a tutti coloro che rischiano di veder minata la propria capacità riproduttiva a causa della chemioterapia e della radioterapia necessarie per sopravvivere al loro male.

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Le terapie antitumorali possono danneggiare le gonadi maschili e femminili e pertanto determinare una perdita di fertilità e possono anche pregiudicare il patrimonio genetico degli ovociti e degli spermatozoi.

Si vede infatti che nel 50% degli uomini sottoposti a trattamenti antitumorali si ha una riduzione significativa della qualità del liquido seminale e nel 25-30% si registra un’assoluta assenza di spermatozoi con la seguente sterilità del paziente.

Per garantire una futura paternità, arriva in soccorso il congelamento del liquido seminale prima delle cure oncologiche, così da poter essere utilizzato un domani e garantendo la loro capacità fecondante.

Per le donne la situazione è più complessa e nessuna tecnica al momento riesce a garantire una strategia nel caso di patologie neoplastiche affidabili come la crioconservazione degli spermatozoi.


Per la donna sono possibili diverse tecniche: la protezione farmacologica, con efficacia ancora controversa; il congelamento degli embrioni, miglior tecnica in assoluto ma riservata solo a chi ha un partner stabile; il congelamento degli ovociti la cui efficacia è ancora bassa con percentuali di gravidanza e di bambini nati che vanno dall’1 al 5% per ovocita congelato.

Inoltre, per l’utilizzo del congelamento embrionale e ovocitario la paziente dovrebbe sottoporsi ad una stimolazione ovarica che ritarderebbe l’inizio della terapia antitumorale e ciò non sempre è possibile.

Per i pazienti in età prepuberale che ancora non producono spermatozoi e ovociti – ha affermato il Prof. Cittadini - la ricerca scientifica sta facendo passi da gigante puntando sul congelamento del tessuto testicolare nel bambino e del tessuto ovarico nell’adolescente. In particolare, l’innovativa tecnica del congelamento del tessuto ovarico rappresenta l’unica possibilità di preservazione della fertilità nelle bambine: si procede all’asportazione, in genere per via laparoscopica, e successivo congelamento del tessuto ovarico sede di follicoli primordiali che contengono ovociti immaturi”.

Al momento della remissione totale della malattia, il tessuto ovarico congelato viene scongelato e trapiantato nella paziente stessa; una volta verificatosi l’attecchimento del tessuto trapiantato, è possibile intraprendere procedure terapeutiche finalizzate all’ottenimento della gravidanza. Ad oggi questa tecnica ha portato alla nascita di 8 bambini nel mondo.

La crioconservazione del tessuto ovarico è indicata anche nelle donne adulte che non possono sottoporsi al congelamento degli ovociti perché colpite da tumori ormono-dipendenti.

La procedura è indicata nelle situazioni in cui l’esecuzione di una  stimolazione ovarica non sia compatibile con la necessità di intraprendere in tempi rapidissimi una chemio o una radio-terapia.

A Siracusa è stata illustrata, inoltre, l’analisi della qualità del DNA dello spermatozoo che consente di selezionare il miglior gamete maschile per la fecondazione assistita.

Vari studi hanno messo in luce come anomalie della struttura del DNA spermatico siano associate all’incapacità di ottenere gravidanze e ad un’alta incidenza di aborti precoci, sia in gravidanze spontanee che ottenute con fecondazione in vitro.

Fonte: comunicato stampa
 

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