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Le pancine: chi sono veramente le nuove mamme social
Gravidanza - Articoli
Scritto da Eva Forte     Giovedì 07 Dicembre 2017 12:20    PDF Stampa E-mail
child-pcAnche sul nostro forum le mamme in dolce attesa si chiamano pancine e spesso si identificano in base al mese in cui partoriranno (pancine di gennaio, di febbraio...). Un universo che trova comunione in Rete, che si unisce, condivide e crea un vero e proprio fenomeno sconosciuto prima dell'avvento di Internet. A mostrarci chi siano veramente queste pancine è Vincenzo Maisto (Il Signor Distruggere), che ha spiato per mesi le pancine sui vari gruppi Facebook dedicati proprio a loro. Ci sono varie cose che le accomunano tra cui, a detta di chi ha fatto l'indagine, i tanti “orrori” ortografici e grammaticali. Quasi tutte, e lo sappiamo bene, hanno dubbi surreali e chiedono consigli medici, scattano foto su foto per avere pareri sulla crescita e sul sesso del nascituro già dalle prime settimane di gestazione. Tutte utilizzano termini che mai avrebbero usato prima come “pancine”, “batuffole”, “mammine” e chiamano il ginecologo “gine” o la pediatra “pedy”.

Ma non finisce con il parto, perchè le poancine restano con il monitor acceso anche dopo il parto, continuando su allattamento (che si cerca di protrarre a oltranza). Divertente vedere come diano anche nomi alla propria parte femminile e chiamino le mestruazioni “i giorni della rugiada” o “i giorni del barone rosso”. E poi il dopo ancora, quando una nuova graviudanza è meglio che non arrivi utilizzando però sistemi empirici e contraccezione di emergenza inventata come l'utilizzo della coca cola o del doccino. Questo perchè quasi tutte hanno una scarsa conoscenza del proprio corpo e di come funzioni il ciclo femminile e la vera riproduzione che vada al di là dell'atto sessuale. Sembra quasi surreale una situazione del genere al giorno d'oggi. La conferma che purtroppo è così arriva anche da due esperte, l’antropologa culturale e formatrice Chiara Carletti e l’antropologa ed educatrice alla sessualità Nicoletta Landi, autrice del libro “Il piacere non è nel programma di Scienze! Educare alla sessualità oggi in Italia” e socia fondatrice di ANPIA (Associazione Nazionale Professionale Italiana di Antropologia).

Leggiamo su La repubblica online: “La prima impressione che ho avuto" spiega la dottoressa Landi, "è che i racconti di queste mamme pancine fossero verosimili. Anche se quello che emerge è una profonda ignoranza rispetto alla conoscenza del corpo e della sessualità, le esperienze e i quesiti che vengono posti da alcune di queste mamme pancine non sono molto diversi da quelli che sento dalle adolescenti. Sono tutte problematiche che nascono da scarsissime conoscenze anatomiche; le “mamma pancine” mostrate sulla pagina Facebook del Signor Distruggere non sanno nulla dei contraccettivi, rivelano un sessismo introiettato e tendono a giudicare le altre donne attraverso questa loro lente. Sono molto aggressive nei confronti di chi viene percepito come diverso e la loro aggressività è funzionale a delimitare il gruppo, a stabilire chi è dentro e chi è fuori. Per questo le donne che non sono madri vengono giudicate: le mamme pancine hanno al proprio interno un preoccupante sguardo sessista. Ma quella che raccontano è per me la loro solitudine: sono probabilmente donne sulla trentina che hanno come unica soddisfazione e aspirazione la maternità e che raccontano uno spaccato di questa solitudine in questa sorta di forum online. Rivendicano uno spazio loro dove nessuno le giudichi, e questo credo sia legittimo. Per loro o sei pancina o sei contro le pancine. Sarebbe interessante capire chi sono, quanti anni hanno, dove vivono. Ma bisogna anche stare attenti: c’è una pancina in ognuna di noi. Molte delle cose assurde che leggo sulla pagina Facebook del Signor Distruggere le sento anche da alcune donne con cui parlo. Starei attenta a tracciare una linea netta tra le mamme pancine e le altre: il contesto in cui ci muoviamo è lo stesso. Nei loro gruppi spesso queste madri chiedono di bannare chi non la pensa come loro e si danno della “facile” l’un l’altra. Cercando uno spazio di confronto dove spesso generano conflitti: o sei una madre che comprende le altre madri o sei una che è lì per rompere le scatole. Le loro sono le classiche dinamiche di gruppo, puntano a costruire un’identità chiara al loro interno: se non sei interessata ai gioielli fatti con la placenta sei fuori dal gruppo. Anche se bisogna considerare che loro espongono cose molto intime della propria vita sessuale e coniugale: penso che meritino una forma di rispetto e curiosità”.

Quello che emerge" commenta la dottoressa Carletti, "è un fallimento della scuola dal punto di vista educativo. L’articolo 14 della convenzione di Istanbul riguarda il ruolo della scuola sui modelli di genere. Io vedo la scuola come uno dei principali attori nelle politiche di genere, è il primo protagonista impegnato nella decostruzione dei modelli culturali: al contrario del sesso, il genere è qualcosa che viene “costruito” successivamente e che viene determinato da una serie di fattori. In questo senso la scuola deve impegnarsi nell’educazione, nella promozione delle pari opportunità a prescindere dal sesso e nell’inclusione sociale. Quello che emerge dalle pancine è un livello culturale estremamente basso, è come se per queste donne la maternità andasse a colmare un vuoto culturale e sociale, oltre alla mancanza di lavoro, di obiettivi, di aspirazioni personali. Tutto si riversa nella maternità. Le mamme pancine concludono sempre i loro post chiedendo di non essere giudicate, ma si contraddicono perché sono spessissimo le prime a farlo. In quello che scrivono emerge il loro giudizio nei confronti della società. La “diplomata al classico”, “la facilina”, “la maestrina”, quella con la “borsa Livorno” (Louis Vuitton, n.d.r.) sono per loro categorie sociali specifiche alle quali sentono di non appartenere. Queste donne si sentono inconsciamente escluse e giudicano le altre in negativo. Il loro “no critiche” evidenzia un gap sociale, il fatto di sapere - a livello inconscio - che stanno chiedendo qualcosa di strano”. “Un’altra cosa che mi ha colpito" sottolinea Carletti, "è l’esigenza di lavare via “lo sporco”. Lì c’è proprio una concezione sbagliata del corpo dal punto di vista biologico. Il lavare via lo sporco è un aspetto fortemente simbolico in antropologia perché è legato a tutta la questione di puro e impuro, affrontato da Mary Douglas in “Purezza e pericolo”. Tutto ciò che culturalmente o religiosamente viene considerato impuro comporta il pericolo di contaminazione. Questo ha una connotazione ancestrale. Anticamente tutto ciò che usciva dal corpo - dal sangue al liquido seminale - veniva considerato fonte di impurità. Nei testi ebraici, in particolare nel Levitico, c’è tutto questo ed è legato al mantenimento dell’ordine sociale. Poi però le società si sono evolute e si stanno evolvendo, ma le mamme pancine sembrano attaccarsi a concezioni ormai anacronistiche, ma pur sempre funzionali a rivendicare uno specifico senso di appartenenza”.
Qui un approfondimento sull'argomento
 

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