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Perdonare fa stare bene il nostro cervello |
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Scritto da Letizia Perugia Lunedì 25 Novembre 2013 15:45 | |||
Perdonare ci fa stare meglio e comporta degli stati emotivi positivi, mette inoltre in moto un complesso network cerebrale, che comprende la corteccia prefrontale dorsolaterale, la corteccia del cingolo, e la corteccia parietale inferiore.
Uno studio di un team di ricercatori dell'Università di Pisa, guidata da Pietro Pietrini, uno dei principali esperti italiani negli studi del cervello rivela che il perdono ha origine nel cervello e che si configura come una processo cognitivo articolato che può consentire all'individuo di superare stati emotivi negativi tramite la rivalutazione in terminii positivi di un evento negativo.
Gli studiosi hanno usato la risonanza magnetica funzionale pr misurare l'attività delle diverse regioni cerebrali in un gruppo di soggetti che dovevano immaginare scenari di eventi sociali dolorosi (come il tradimento del partner) e rispondere perdonando l'aggressore oppure provando risentimento e/o immaginando di mettere in atto una vendetta. Alla fine di ciascun scenario i partecipanti davano un punteggio alle proprie capacità immaginative e al livello di sollievo esperto in seguito la perdono.
Nel corso della storia, il perdono è stato invocato dalla religione e da leader politici come la risposta moralmente corretta nei confronti di un'offesa.
La ricerca indica che perdonare comporta un vero e proprio lavoro di comunicazione tra diverse parti del cervello. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore "Human Neuroscience".
I ricercatori dell’ateneo pisano si sono resi conto che la corteccia prefrontale dorsolaterale è coinvolta nella modulazione dei vissuti emotivi.
Il lavoro di questa area del cervello, suggerisce che il modo nel quale viviamo gli eventi negativi e riusciamo a perdonare in successione dipenda strettamente da come il nostro cervello lavora in quelle aree. In collaborazione con la corteccia parietale inferiore che è una regione associata all’empatia.
Fonte: Human Neuroscience
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