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Censis e Autismo: la disabilità nascosta e invisibile |
Bambini - Articoli |
Scritto da Eva Forte Mercoledì 08 Febbraio 2012 12:37 |
Censis si è occupato di dare un volto all'autismo, fornendoci uno spaccato della vita sociale di chi soffre di questa patologia psichiatrica talvolta difficile da individuare e da gestire soprattutto in età scolare.
Il sondaggio è stato condotto da Angsa (Associazione nazionale genitori soggetti autistici) e dalla Fondazione Cesare Serono e ha portato alla luce la vita degli autistici che hanno un età compresa tra i 3 e i 42 anni. Il primo dato che salta agli occhi è che si parla principalmente di individui di sesso maschile e che nel 72,5% frequentano la scuola. Nel caso di adulti, frequentano centri diurni per il 13,2% dei casi. Sin da piccoli seguono terapie cognitivo-comportamentali insieme alla logopedia, alla fisioterapia e alla psicoterapia e da adulti si affianca anche una terapia medicinale per tenere sotto controllo i sintomi della patologia. Il 96% dei ragazzi malati di autismo vive in famiglia e solo il 4% in istituzioni residenziali. Questa patologia ha diversi step di gravità e secondo le famiglie intervistate, per il 64,2% di loro si ha a che fare con una disabilità grave o molto grave. Gli effetti della malattia sono per il 77,2% legati alla comunicazione verbale e non verbale e per il 73,4% con problemi di apprendimento, mentre il 70,8% svolge comportamenti ripetitivi, ossessivi, compulsivi e auto stimolati. Il disagio maggiore in queste famiglie è legato invece all'aggressività e all'autolesionismo lamentati dal 25,1% e che per il 31,9% è il problema più grave in età adolescenziale. La diagnosi arriva sempre dopo percorsi lunghi e difficili: il 45,9% degli intervistati ha dovuto attendere tra uno e 3 anni, mentre il 13,5% oltre. La distanza di tempo tra inizio e diagnosi fa aumentare anche il numero di consulti a cui le famiglie si devono sottoporre. La media è di 2,7 centri e specialisti consultati, mentre nel lungo tempo di ricerca si arriva anche a 5 soprattutto nei casi di diagnosi effettuate dopo i 10 anni di età. Questi percorsi spesso sono lunghi a causa di una mancata comprensione tra famiglia e medici. Questo accade soprattutto nelle famiglie con un minore grado di istruzione: più questo è basso e maggiore è la diffidenza nei confronti del medico, che spesso viene considerato poco competente dal 40,4% dei genitori con titolo di studio inferiore e poco affidabile dal 51,1% della stessa fascia. Nelle famiglie con grado di istruzione alto si ha difficoltà a ricevere informazioni affidabili (13,7%) e la sensazione che la diagnosi sia ritardata o nascosta per non allarmare i genitori (12,8%). Oltre ai risvolti medici, le famiglie devono supportare anche forti oneri economici: infatti delle 5,2 ore settimanali di trattamento, 3,2 vengono pagate dalle famiglie. Dopo la diagnosi di autismo le famiglie devono anche fare i conti con il proprio risvolto professionale, vissuto male dal 65,9% delle persone: nel 25,9% hanno lasciato il lavoro e nel 23,4% ne hanno ridotto l'orario. Buoni i risultati legati alle Associazioni che si occupano delle famiglie con autismo: l'84,3% dei casi ha avuto una buona informazione e orientamento da queste associazioni e il 69,3% ha fornito anche formazione. Uno spaccato di tendenza si ritrova nelle istituzioni a cui ci si rivolge: il 44,5% si rivolge infatti alle istituzioni sanitarie, mentre il 40% cerca strategie di auto-mutuo aiuto. |
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