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PMA: ancora una volta la legge 40 viene bocciata dai tribunali
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Scritto da Angela Messina     Giovedì 13 Dicembre 2012 08:00    PDF Stampa E-mail
legge 40Ancora una volta la legge 40, sulla procreazione medicalmente assistita va in tribunale e viene rinviata alla Consulta della Corte Costituzionale. Accade al tribunale di Firenze, a cui si sono rivolti due coniugi milanesi i quali volevano destinare alla scienza e alla ricerca dieci embrioni risultato affetti da esostosi e inutilizzabili per l'impianto, ma ai quali è stato vietato dalla legge 40. 

Per la diciottesima volta la normativa dimostra limiti di costituzionalità. La  prima era stata nel 2008 quando, a partire dalla stessa vicenda di due coniugi milanesi portatori di esostosi multipla, la Consulta aveva detto sì all'abrogazione dell'obbligo di trasferire tutti gli embrioni ed in un unico transfer, indipendentemente dal loro stato di salute e da quello della madre. Oggi, i quesiti posti alla Consulta sono nuovi e le norme ritenute irragionevoli  e contrarie a diversi articoli della Costituzione dal magistrato Patrizia Pompei, sono quelle relative alle restrizioni della libertà di ricerca scientifica e all'autodeterminazione dell'individuo, della donna in particolare, quando la legge non concede ripensamenti dopo il concepimento dell'embrione.

legge 40 alla Consulta
La legge, al momento attuale, contempla solo il trasferimento degli embrioni in utero e non offre alternative se non la cura delle patologie degli stessi, al fine, ancora una volta, però, di trasferirli. Lo conferma Gianni Baldini, l'avvocato della coppia fin dal 2008, che con il suo studio legale è stato l'autore di alcuni noti ricorsi sulla legge 40. La coppia milanese chiedeva, invece, di destinare i dieci embrioni risultati affetti dal gene dell'esostosi alla ricerca scientifica piuttosto che lasciarli deperire  per anni in azoto liquido. Il giudice ha accolto l'istanza, ma deve girare il quesito alla Corte, perché la legge 40 non permette l'utilizzo degli embrioni in soprannumero per la ricerca. Alla base della decisione del giudice fiorentino due principi: la libertà scientifica in quanto valore costituzionalmente protetto e l'inviolabilità della persona che non può essere obbligata a subire un trattamento indesiderato, come il trasferimento di un embrione, qualunque sia il motivo. 

La necessità di fare chiarezza sui termini giuridici è un'altra delle questioni sottolineate nel ricorso. Secondo i giudici, la norma violerebbe gli articoli della Costituzione relativi ai diritti fondamentali della persona, al diritto alla salute e alla libertà di ricerca, in particolare gli articoli 2 diritti inviolabili dell'uomo, 9 promozione della ricerca scientifica e 32 tutela della salute e non obbligatorietà per alcun trattamento sanitario se non per disposizione di legge della Costituzione in riferimento al divieto di utilizzo degli embrioni abbandonati o malati a fini di ricerca; e gli articoli 2, 13 inviolabilità della libertà personale e 32 in riferimento alla irrevocabilità del consenso della donna ai trattamenti dopo la fecondazione dell'ovocita.

Cresce, intanto, la richiesta di procreazione medicalmente assistita in Italia, come evidenziano i dati emersi dall'indagine della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori e i disavanzi sanitari, presentata oggi alla Camera. Le donne che si sono sottoposte al trattamento dal 1 gennaio 2011 al 30 giugno 2012 sono 50.900: di queste 37.322 erano residenti nella stessa regione del centro di Pma, mentre 13.578 hanno dovuto migrare verso altre regioni, con conseguenti costi e disagi, e il 48% ha scelto il Nord-ovest. Non solo. Per avere un figlio in Italia con la procreazione assistita il costo finale è in media di 12.300 euro, con un valore minimo di 6.900 in Emilia Romagna e un valore massimo di 15.600 euro in Lombardia.

Nel dossier sono stati analizzati tutti i costi che intercorrono dal momento della terapia riproduttiva a cui viene sottoposta la coppia, alle spese per la gravidanza visite, ecografie, esami, con i relativi eventuali ricoveri. A questi si aggiungono i costi dovuti alle complicanze delle gravidanze plurime e delle iper stimolazioni. Infine quelli del parto vero e proprio, che è generalmente cesareo, e quelli delle complicanze sui nascituri, frequenti soprattutto nei parti plurimi che sono sempre prematuri e quindi necessitano di assistenza neonatale anche intensiva. 

Sottraendo i costi che riguardano la gravidanza, il parto e le eventuali complicanze nel neonato, si ottiene la somma che pagano le famiglie che fanno ricorso al privato, che oscilla dai 3000 ai 4000 euro. A pagarli di tasca propria, se non optano per la mobilità passiva, sono in particolare i cittadini che vivono al Sud e nelle isole, dove i centri sono per lo più privati. 

La media a livello nazionale di donne trattate per ogni centro è di 444 donne residenti e di 168 donne non residenti. Più di un quarto delle donne, quindi, esegue trattamenti in altre regioni diverse da quelle di residenza con una migrazione che va, tipicamente, da sud verso nord. Il 39% dei cicli riproduttivi fatti sui siciliani, ad esempio, (5130 nel 2010, dato estrapolato dal piano sanitario regionale siciliano) sono effettuati al nord.
 

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