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Parto Naturale VS Cesareo
Gravidanza - Articoli
Scritto da Eva Forte     Martedì 15 Settembre 2009 16:44    PDF Stampa E-mail
Punto interrogativo - IntervistaAbbiamo rivolto una domanda al Prof. Claudio Giorlandino che ci ha gentilmente risposto, portandoci a conoscenza delle risultanze della commissione sul parto del Ministero delle Pari Opportunità (da lui presieduta)

Domanda: Carissimo Professor Giorlandino, sul forum si è acceso un dibattito sulla questione del Cesareo per scelta della madre. Molte donne dicono che preferirebbero il cesareo per ovviare i rischi di mortalità durante il parto naturale e da qui è uscito il dubbio sul perché durante il travaglio non venga effettuata una ecografia per verificare ad esempio che il feto non abbia il cordone ombelicale intorno al collo. Può aiutarci a sbrogliare questa matassa?

Prof. Giorlandino: Innanzitutto la morte fetale per il rischio del cordone (al parto) è una sciocchezza (rarissima) mentre la morte fetale avviene il più delle volte in gravidanza, non al parto, se non si è ben seguiti con i mezzi attuali l’evento può giungere drammatico ed inatteso ma, anche se ben seguiti, vi sono problemi di crescita e sofferenza fetale ancora INSOLUBILI.

Al parto, invece, c’è un aumento del rischio dio trauma e di ipossia con morbilità (handicap) più che mortalità.

Detto ciò è indubbio che un è dato oggettivamente conosciuto l’aumento della richiesta da parte delle donne di partorire con il taglio cesareo, metodica ritenuta pratica, veloce e soprattutto in grado di evitare “qualsiasi danno al bambino”... E’ palese come questo tipo di atteggiamento, sul quale molto si è detto e si è scritto, sia in aperta contrapposizione a tutto quanto enunciato sulla ricerca di “naturalezza” del parto. Il problema, in termini numerici è sempre più pressante, parte da un criticabile presupposto di “sicurezza” e si radica profondamente nell’immaginario sociale.

La soluzione, che deve probabilmente scaturire da un processo di apprendimento e chiarificazione, sembra potersi delineare nell’arrivare, anche attraverso l’educazione della società, alla realizzazione di un percorso “vero” verso la nascita, che partendo dal momento pre-concezionale, attraverso la gravidanza, si concretizzi nel parto, schiudendo soprattutto la maternità e la genitorialità dopo la nascita. Un percorso che sia disincantato e consapevole, frutto di informazione corretta e completa, che contempli rispettosamente tradizioni, orientamenti culturali e confessionali, offerte innovative tecnologiche, e che, in definitiva, dia a ciascuna donna, ed a ciascuna coppia, l’opportunità di orientarsi attraverso le offerte e di scegliere consapevolmente l’ambito più idoneo per realizzare il proprio progetto di famiglia, fondamento della società.

Di fatto l’evento-nascita sta ritornando un elemento centrale della società occidentale. La riduzione del numero dei parti, la natalità zero, il saldo biologico negativo, la modificazione della tipologia familiare, spesso monoparentale, hanno determinato un ritorno di interesse verso la maternità quale esigenza della intera collettività.

L’evento-nascita deve pertanto essere affrontato sia sotto il profilo socio-demografico sia anche avuto riguardo agli aspetti inerenti alla tutela della salute maternofetale. Si fa riferimento in particolare al principio costituzionalmente garantito di tutela della salute quale fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività (Art. 32 Cost.).

L’interesse collettivo dell’evento nascita è oggi anche mediatico e ciò traspare apertamente nelle rappresentazioni che i media compiono quotidianamente con servizi giornalistici, realizzazioni di programmi di fiction, o più semplicemente attraverso la pubblicità.

In questi contesti, tuttavia, la nascita viene spesso proposta come evento di vitale importanza, ma “patinato”, filtrato ai fini mediatici ovvero depurato dall’esperienza “vera” di impegno (graveo) e talvolta di sofferenza che a questo si accompagna.

La nascita infatti non è presentata come un processo di formazione di un individuo che si genera nella donna e la modifica dal suo intimo, bensì come il frutto finito e perfetto che dà solamente gioie. Si assiste quindi ad un processo collettivo di negazione degli aspetti completi dell’esperienza-nascita che includono i rischi e la fatalità che accompagnano qualsiasi evento naturale. Il parto è la porzione più delicata di questo transito.

Le conseguenze di questo “vissuto sociale” dell’evento nascita determina mode e tendenze che si traducano in “domanda”.

In tale contesto, diviene indispensabile valutare l’adeguatezza di tale domanda e la disponibilità/adeguatezza dell’offerta in risposta alla “domanda”. Si rende necessario, inoltre, individuare tutte le esigenze per migliorare il percorso che porta all’evento della nascita, con particolare riguardo sia alla conoscenza e alla prevenzione dell’handicap, sia alla tutela delle donne che affrontano tale percorso essendo esse stesse portatrici di handicap.

La commissione rileva che la maggiore attenzione al parto alternativo deriva, apparentemente, dall’emergenza di una alta insoddisfazione per il parto tradizionale.

Esiste un’ambiguità fra i termini parto alternativo, parto dolce, parto fisiologico. Questa ambiguità può indurre la donna in errore nella scelta del tipo di parto.

Esiste una percentuale di donne che si avvicina ad alcuni tipi di parto alternativo senza una corretta informazione ed altre che, per timore del parto e delle sue possibili complicanze, ne richiedono, al contrario, una eccessiva medicalizzazione spingendosi fino ad “esigere” l’esecuzione di un cesareo elettivo.

Esiste una forte medicalizzazione del parto dovuta anche alla mancanza, al momento del parto stesso, dei sanitari che hanno seguito la gestazione. Questa discontinuità, oltre ad indurre ansia ed apprensione nella gestante per la scomparsa della figura fiduciaria, determina anche il succedersi di professionisti diversi e pertanto si realizza una discontinuità di trattamento clinico.

Esiste una quota di danno perinatale che conduce all’handicap non legata al momento del parto, ma a fenomeni di patologia della gravidanza (infezioni, ipossia cerebrale, prematurità) che rappresentano una quota di patologia ineludibile, allo stato attuale delle conoscenze. Non si può quindi ritenere che il parto naturale sia da assimilarsi al parto fisiologico.

Esiste una spinta alla medicalizzazione del parto dovuta alla forte pressione sociale e culturale sull’attesa di perfezione di tutto l’evento gestazionale.

Esiste una spinta alla medicalizzazione del parto dovuta al forte contenzioso medico-legale che va crescendo e che induce gli ostetrici ad operare nelle condizioni di presunta massima ed assoluta sicurezza e che, di conseguenza, rappresenta anche una delle maggiori cause dell’aumento del ricorso ai parti operativi.

Manca ogni riferimento a strutture regionali capaci di assistere, con la opportuna e specifica competenza, le gestanti portatrici di handicap. Tale servizio è oggi offerto sulla base dell’impegno e del senso di responsabilità degli operatori attivi nelle maggiori strutture del territorio.

Esiste, in molte realtà regionali, una carenza strutturale di personale sanitario, in particolare anestesisti e paramedici, che rende difficile l’attuazione di metodiche di parto indolore e fa sì che sia logisticamente impossibile, assistere le partorienti con quel grado di efficienza e sollecitudine che solo un’adeguata quantità di personale qualificato può garantire.

Voglio ricordare che, oggi, emerge come esista una domanda di parto in analgesia peridurale che, in alcune Regioni, sfiora il 50% delle partorienti, a fronte di una effettiva soddisfazione che si attesta stabilmente a meno del 10% con un nadir all'1-2%.

- dall’indagine conoscitiva sul territorio, realizzata nell’ambito di una Commissione Ministeriale da me diretta, emergono dati di difficile valutazione. Mentre i Centri che hanno la possibilità di eseguire la partoanalgesia arrivano al 43% dei punti nascita in Italia, la completa disponibilità a praticarla viene garantita solo nel 37% dei casi. L’80% dei Centri la esegue in regime di convenzione mentre il 30% la esegue anche o solo attraverso forme diverse di pagamento.

- dai dati di questi due campioni analitici risulta che la differenza tra la domanda iniziale e la effettiva esecuzione è divaricata a causa di numerose variabili, tra le quali principalmente si distinguono la distribuzione disomogenea, sul territorio nazionale, dei Servizi stessi e l’informazione che appare talvolta inadeguata, altre volte insufficiente e talaltra fuorviante.

Si riafferma, così, che di fatto solo il 10% usufruisce del parto analgesia.

Io personalmente, e La commissione da me diretta abbiamo ritenuto che, in merito al parto in Italia, si debbano perseguire i seguenti criteri di equità e di civiltà:

- ogni donna deve poter partorire nelle condizioni di massima sicurezza oggi possibile:

- ogni donna deve poter essere adeguatamente informata sulle diverse opportunità di parto naturale disponibili;

- ogni donna deve essere informata del fatto che il parto cesareo non è sempre il metodo più sicuro di partorire, e che non rappresenta l’unica alternativa all’analgesia medica;

- ogni donna deve poter scegliere il tipo di parto naturale a lei più congeniale sulla base delle proprie inclinazioni naturali, delle proprie esigenze ed essendo pienamente informata dei vantaggi e dei rischi che quel tipo di parto conduce in sé;

- ogni donna, se lo desidera, deve poter richiedere di essere privata del dolore del parto, mediante un’analgesia sicura (es. epidurale) e deve poter fruire di tale analgo-anestesia, contrariamente a quanto avviene oggi, gratuitamente, in ogni momento ed in ogni luogo;

- il parto naturale deve essere comunque rivisitato al fine di offrire alla donna la massima sicurezza, la migliore analgesia, il miglior conforto ambientale e la possibilità di essere circondata da persone comprensive, sollecite e premurose in un momento così delicato della sua vita;

- le donne portatrici di handicap devono poter avere dei punti di riferimento regionali capaci di assisterle con specifica competenza durante il delicato percorso della gravidanza e assicurata, al momento del parto, la migliore, e più adeguata alle singole esigenze, assistenza ostetrica e perinatologica.


Cosa bisognerebbe fare?
1) rimuovere, attraverso una corretta informazione, le ambiguità legate ai termini parto naturale, parto dolce, parto fisiologico rendendo noto che la gravidanza ed il parto sono eventi naturali e, come tali, sono accompagnati da una alea di fatalità e di pericolosità che, ancora, nessuna metodica di sorveglianza e di assistenza è in grado di azzerare.

In conseguenza di quanto detto, è bene che le donne siano pienamente edotte al fine di evitare atteggiamenti sia di eccessiva richiesta di medicalizzazione sia di eccessiva superficialità nell’avvicinarsi alla struttura di assistenza al parto;

2) promuovere, attraverso programmi specifici di educazione del personale sanitario e operando attraverso la E.C.M., formazione nelle tecniche di umanizzazione ed assistenza al parto, sempre mantenendo il giusto senso di rispetto, di attenzione e di buon senso con i quali conviene interagire di fronte ad eventi biologici il cui grado di incertezza sugli esiti rimane imponderabile;

3) sollecitare la realizzazione, nei vari punti nascita, di unità integrate nelle quali esistano strutture alberghiere capaci di permettere che la donna viva il travaglio ed il parto in assoluto decoro, nell’intimità necessaria (evitando sale travaglio affollate) e con tutta la disponibilità ad assisterla nel tipo di parto da lei prescelto e con la presenza di figure familiari di sua scelta;

4) sollecitare, mediante proposte alle strutture universitarie, i Corsi di preparazione in analgesia peridurale agli anestesisti di guardia ostetrica e agli specializzandi in Anestesiologia e Rianimazione;

5) sollecitare un percorso unico tra la gravidanza ed il parto in modo che la gestante possa usufruire dell’assistenza, al momento della nascita, degli stessi sanitari che l’hanno seguita durante tutta la gestazione;

6) sollecitare le Regioni all’individuazione di strutture dedicate all’accoglienza ed all’assistenza delle madri portatrici di handicap in modo da favorire il percorso pre e perinatale di tali soggetti, nell’ambito di una condotta sì più naturale ma anche più garantita dell’evento parto;

7) sollecitare da parte delle Regioni, ove occorra, l’integrazione di personale sanitario, in particolare anestesisti e paramedici, che renda possibile l’attuazione di alcune metodiche di parto indolore e faccia sì che sia dappertutto possibile assistere le donne con quel grado di efficienza e sollecitudine che solo un’adeguata quantità di personale qualificato può garantire. In particolare, ove esistano problemi di bilinguismo nell’assunzione del personale, questi dovrebbero essere superati nell’ottica della assoluta priorità della salute e del benessere delle donne rispetto alle logiche diverse;

8) realizzare un’adeguata e mirata campagna di informazione su tutto il territorio nazionale per assicurare la conoscenza e la divulgazione della pratica della analgesia ostetrica;

9) sollecitare l’attuazione, su tutto il territorio nazionale, del Progetto Organizzato Materno Infantile (P.O.M.I.), in modo che in ogni unità operativa sia sempre presente un anestesista che, al bisogno e/o alla richiesta esplicita della donna, possa indurre l’analgesia peridurale;

10) assicurare con ogni mezzo la pianificazione dell’offerta di parto indolore in relazione al Territorio, alle Strutture e alle concrete possibilità tecnico-professionali, soprattutto mediante la ripartizione di una quota dei fondi del Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) attraverso la Conferenza Stato/Regione;

11) individuare strumenti più stringenti per il controllo dei parti cesarei che attualmente vengono effettuati al fine di contenerne il numero nei parametri percentuali fissati dal Ministero della Sanità

Prof. Claudio Giorlandino
 

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