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Splendi più che puoi, Sara Rattaro e la violenza sulle donne
Donna - Articoli
Scritto da Serena Cellotto     Mercoledì 08 Febbraio 2017 10:40    PDF Stampa E-mail
Violenza Donne
“C’è sempre una motivazione se una donna non riesce a liberarsi dalla violenza, anche perché nessuna donna se lo va a cercare o ha piacere a essere brutalizzata.”
 
Mesi fa ho avuto l’onore di mediare un incontro con un’importantissima scrittrice, Sara Rattaro, vincitrice del premio Bancarella 2015 con Niente è come te. La scrittura di Sara e la sua voce unica hanno conquistato anche gli editori di tutta Europa, al punto che molti dei suoi romanzi sono stati tradotti in diverse lingue. Recenti e numerosissime le presentazioni del suo nuovo libro: Splendi più che puoi (2016, Garzanti Libri). Continuando sulla scia di Niente è come te, la scrittrice ci regala un altro romanzo intenso, travolgente e dal tema tristemente attuale, la violenza sulle donne. Splendi più che puoi vuole essere proprio un messaggio di speranza, un romanzo che possa insegnare a fidarsi di nuovo del prossimo e a non arrendersi mai, per splendere, sempre. 
Emma poco più che ventenne si innamora di un uomo molto più grande di lei, per dieci anni vive una bellissima storia d’amore, che però termina all’improvviso; in seguito Emma diventa una donna forte,  designer con una posizione sociale. Conosce così Marco, un uomo che la colpisce a tal punto da decidere in pochi mesi di sposarlo (in gran segreto); quella che all’inizio sembra essere la persona perfetta si trasforma nel carnefice, e inizia per Emma un vero calvario che durerà per molti anni, portandola ad alienarsi, schiava e malmenata in casa sua. 
 
Splendi più che puoi ti lascia senza fiato, ti prende dalla prima pagina e non ti molla fino a quando non lo hai terminato, e in quel momento torni a respirare. Forse la sua cifra di autenticità è proprio questa: narrare con una lingua fluida, che ti inchioda alla pagina, togliendoti quasi il fiato a tratti; un linguaggio essenziale, che non si perde in inutili dettagli, ma va dritto al sodo, con una scrittura “di petto.” Rivela il meccanismo assurdo con il quale una donna può essere manipolata, e come l’amore possa anche distruggerci.

È una storia di denuncia, che ricorda quanto siano state poco tutelate le donne in Italia nei decenni passati, ma anche quanto lo siano tutt’oggi. Sara Rattaro conferma la sua capacità di parlare delle donne, con naturalezza, con umanità, delicatezza e partecipazione; ma se possibile l’ho trovata ancora più matura in questo romanzo, capace di osservare la realtà e restituirla in ogni fremito, con una capacità di emozionare unica, frutto e quasi compendio di tutti i libri precedenti.

Ha raccontato come in questo caso più che mai sia stata letteralmente investita dalla storia: “ero lì, davanti a lei. Ricordo l’odore del caffè e le sue mani che cercano una qualsiasi imperfezione sul legno del tavolo a cui aggrapparsi. Mi fissa e mi racconta. Le sue parole arrivano lente e chiare, gelide. In una calda giornata estiva un brivido mi attraversa. È il senso dell’impotenza, dell’incredulità e della rabbia. Spero che i miei occhi, la mia postura non mi tradiscano. Non sono lì per dire quello che penso, sono lì per ascoltare la sua storia così simile a quella di migliaia di altre donne. E poi, che cosa potrei mai dire? Una frase di circostanza, un «mi dispiace» o magari un commento scontato di quelli che ti tolgono dall’imbarazzo? Nulla. Non dico nulla. Posso solo ascoltare. Fino a quando arriva un pugno, un pugno vero. Di quelli che ti lacerano la pelle e ti fanno sanguinare. Non è stato facile raccontarti, Emma. Raccontare di come la vergogna e la paura ti mescolano il sangue”.

Si dice sia la storia di Emma, ma forse non è la sua storia, o meglio, non solo la sua: a quella si sovrappongono infatti altre storie, la liberazione di sua figlia, la tacita e sofferente accettazione di sua madre, che ha quella pazienza e quel saper aspettare il momento giusto, che solo una madre può avere. È una coralità di voci, di storie, che permettono di empatizzare con ognuna di quelle donne, in un’esperienza totalizzante. 

Grazie Sara, per averci raccontato le tue storie, per averci raccontato la vita, e soprattutto per averle raccontate così. 
 

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