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Nuove regole dagli Usa sullo screening per il tumore dell’utero
Donna - Articoli
Scritto da Tatta Bis     Martedì 05 Maggio 2015 08:28    PDF Stampa E-mail
donna saluteL'obiettivo per il quale hanno lavorato i maggiori esperti statunitensi, nei giorni scorsi, è di non eccedere con i controlli preventivi per il tumore dell'utero nelle donne che non hanno sintomi e neppure appartengono a particolari categorie a rischio.
 
Gli esperti hanno inoltre pubblicato sulla rivista scientifica "Annals of Internal Medicine" i nuovi “Consigli per lo screening del tumore della cervice nelle donne esposte a un rischio nella norma”, elaborati seguendo il principio di ottenere i massimi benefici possibili con i minori danni, effetti indesiderati o costi. 
 
donna visita medica

Storicamente molti medici tendono a fare di testa propria e a non seguire le linee guida quando si parla di prevenzione carcinoma uterino, come sottolinea David Fleming, presidente dell’American College of Physicians (l'Ordine dei Medici americani), che ha rilasciato i nuovi suggerimenti, lavorando insieme alle maggiori associazioni Usa che riuniscono ginecologi e anatomopatologi.
 
Oggi con eccessiva frequenza si iniziano i controlli troppo presto, li si eseguono troppo spesso o si continua con lo screening anche in donne che corrono ben pochi pericoli, ad esempio per motivi di età.
 
Lo screening sulla cervice uterina serve a scoprire anomalie e lesioni precancerose che potrebbero poi evolvere in cancro, prevenendo così lo sviluppo di tumori invasivi dell’utero. 
 
In queste ultime raccomandazioni l’Ordine dei Medici americani indica di iniziare lo screening nelle ragazze di 21 anni tramite l’esecuzione del Pap test ogni tre anni. 
 
Dai 30 anni, poi, si può continuare a utilizzare la stessa procedura oppure procedere con un test Hpv (che va alla ricerca del Papillomavirus, responsabile di condilomi e verruche genitali benigne, ma anche di lesioni che possono evolvere in un carcinoma della cervice) ogni cinque anni, facendo scegliere alle interessate quello che preferiscono. 
 
A 65 anni è invece tempo di smettere con i controlli, se gli esami eseguiti negli ultimi anni erano risultati negativi, perché le probabilità di sviluppare il tumore sono davvero basse. 
 
Per gli esperti americani, prima dei 21 anni non è necessario iniziare i test, mentre dopo è inutile prescriverli a intervalli di tempo più ravvicinati, naturalmente se da quelli eseguiti tutto risulta nella norma. 
 
Inoltre è superfluo farli eseguire a donne che, per altri motivi, hanno subito un’isterectomia e il loro utero è stato rimosso. 
 
Rispettando queste indicazioni, come concludono gli esperti si risparmiano i possibili “effetti negativi” dello screening, ovvero i fastidi causati dall’esame con lo speculum e i costi inutili a carico di pazienti o del servizio sanitario. 
 
Non bisogna dimenticare gli eventuali trattamenti in eccesso, come colposcopie, biopsie o ulteriori indagini e cure eseguite in casi non necessari, con il relativo carico di ansie.
 
Il Pap test che il più recente test HPV si esegue facilmente, con un semplice prelievo di cellule dal collo dell’utero, le cellule prelevate con il Pap test vengono poi osservate al microscopio per verificare la presenza di eventuali irregolarità, mentre l’esame Hpv verifica la presenza del virus (trasmesso sessualmente), che è molto comune e frequente e la cui presenza non si traduce nell’avere lesioni pre-tumorali destinate a progredire. 
 
La grande maggioranza delle infezioni da Hpv (oltre l’80%) regredisce spontaneamente, specie in giovane età, diversi studi hanno finora concluso che he l’esame Hpv è più efficace nella prevenzione di neoplasie avanzate perché capace d’individuare prima quelle lesioni d’alto grado (i cosiddetti Cin2 e Cin3) che possono condurre a sviluppare una forma di cancro più aggressiva.
 
Lo ha spiegato Marco Zappa, responsabile del nostro Osservatorio nazionale Screening, ma nelle donne più giovani, l’Hpv test conduce spesso a quella che gli esperti chiamano una sovra-diagnosi: segnala troppe lesioni pre-cancerose che nel tempo regredirebbero spontaneamente senza trasformarsi in tumore.
 
In Italia, questi nuovi Consigli fanno seguito a un cambio iniziato nel 2012 ed epocale per gli Stati Uniti, dato che la maggior parte delle agenzie e società scientifiche americane raccomandavano il Pap test ogni anno. 
 
In Italia oggi ci stiamo muovendo verso lo screening basato su test Hpv, proposto gratuitamente su invito delle Regioni a partire dai 30 o 35 anni fino ai 64, con intervallo quinquennale. 
 
In caso di positività del test Hpv è previsto il Pap test come ulteriore verifica: se anche questo è positivo si fa la colposcopia, se è negativo la donna deve essere rivista dopo un anno. 
 
Viene scoraggiato il co-testing cioè l’esecuzione di entrambi i test: una donna Hpv negativa ha, nei 5 di intervallo fra un esame e l’altro, un rischio di sviluppare una malattia importante della cervice (lesioni CIN3 o peggiori) quasi uguale alla donna che risulti negativa sia all’Hpv che al Pap test negativa. 
 
Aggiungere la citologia è praticamente inutile, ma fra i 25 e i 30 anni lo screening in Italia si prevede ancora cosa di continuare con il pap test. 
 
Infine è importante ricordare che contro il tumore dell’utero (che ancora oggi in Italia uccide mille donne ogni anno, a fronte a 2200 nuove diagnosi annuali come riporta la banca dati dei registri tumori italiani), disponiamo di un’importantissima arma: il vaccino contro alcuni ceppi del Papillomavirus (HPV), responsabili di circa il 70 per cento dei casi di questa neoplasia (senza infezione da HPV non si sviluppa il tumore). 
 
Il vaccino dal 2007 viene offerto in Italia gratuitamente a tutte le bambine 12enni, prima che abbiano rapporti sessuali e possano quindi entrare in contatto con il virus, ma non tutti i genitori però colgono l’opportunità e resta ancora un’importante percentuale di bambine (quale) che non viene resa immune dall’Hpv e che avrà quindi da grande maggiori probabilità di ammalarsi di tumore dell’utero, rispetto alle proprie coetanee vaccinate» conclude l’esperto.
 
Il cancro del collo dell’utero o della cervice uterina è il secondo tumore più frequente nella popolazione femminile, in Italia si stima colpisca circa 3.500 donne l’anno.
 
Questo tumore è causato da un'infezione persistente da papillomavirus umano (HPV), che si trasmette per via sessuale ed è molto frequente soprattutto nelle persone giovani. 
 
La maggior parte delle infezioni regredisce spontaneamente, quando invece l’infezione persiste nel tempo si formano lesioni nel tessuto del collo dell’utero che possono evolvere in cancro.
 
Esistono molti tipi diversi di virus HPV e il rischio di cancro dipende fortemente da alcuni tipi ben identificati: ad esempio i virus HPV 16 e HPV 18 sono considerati tra i più pericolosi.
 
 
 

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