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Salvato da una trasfusione, testimone di Geova denuncia i medici
Donna - Articoli
Scritto da Angela Messina     Mercoledì 14 Novembre 2012 11:08    PDF Stampa E-mail
trasfusioneA volte anche cercare di svolgere il proprio lavoro al meglio, può causare guai, come nel caso di due medici di Torino che rischiano il carcere per aver effettuato una trasfusione ad un testimone di Geova,  secondo il cui credo, non è possibile ricevere una trasfusione di sangue neanche in caso di pericolo di vita, poiché ricevere il sangue di un altro in corpo è peccato e va rifiutato. Così succede che a Torino, un operaio con la mano distrutta da un incidente sul lavoro e bisognoso di una trasfusione immediata, rifiuti il trattamento.

I medici procedono ugualmente sedando leggermente il paziente, che si salva ma denuncia i dottori che lo hanno avuto in cura perché non hanno rispettato la sua volontà di morire nel segno della fede. I medici, dal canto loro, dicono di avere agito secondo etica professionale e di essere stati autorizzati dalla procura a procedere.



salvato da trasfusione

Il caso è finito ieri davanti al GIP Luisa Ferracane, che si è riservata la decisione dopo che il pubblico ministero Andrea Padalino ha chiesto l'archiviazione del caso, mentre i legali dell’uomo hanno presentato opposizione e pretendono un risarcimento. Secondo i legali dell'uomo, sembra che il paziente avesse rifiutato per 17 volte la trasfusione prima che venisse praticata in modo forzato. Secondo la consulenza disposta dal pm, che ha poi chiesto l'archiviazione, la trasfusione era stata necessaria per salvare la vita dell'uomo.

Se il giudice dovesse negare l'archiviazione i medici andrebbero a giudizio per lesioni colpose, violenza privata e somministrazione di trattamento sanitario non voluto: a sostegno dell'archiviazione, il pm ha presentato i risultati di una consulenza che ha confermato la necessità della trasfusione per salvare l’uomo.

Il caso, assai spinoso, ha dei precedenti: a Milano, nel 2009, un uomo ricevette una trasfusione contro la sua volontà, e ottenne il risarcimento perché fu legato con cinghie di contenzione, mentre giusto l’anno scorso una donna di Bordighera morì per aver rifiutato il medesimo trattamento, sebbene la figlia si fosse rivolta a un tribunale.
 

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