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Su Facebook gli utenti bocciano i vaccini
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Scritto da Angela Messina     Giovedì 30 Settembre 2010 15:00    PDF Stampa E-mail
facebookDa un po' di anni quando è ormai imminente la stagione dei vaccini, ecco che da più parti si leva il coro di chi è pro e di chi è contro. Negli ultimi tempi però sembra che la via più diffusa per la contrapposizione tra l’autorità costituita, l'opinione dominante e ufficiale e un’infinità di nuvole di pensiero discordante, libere e incontrollabili avvenga sul web.

Un’indagine condotta da Sanofi Pasteur MSD e presentata ieri nel corso di un workshop promosso da Farmindustria (Vaccini: il passaparola, che confusione!) mostra infatti come sui social network non manchi l’informazione sui vaccini. Tuttavia, nella quasi totalità dei casi ne viene diffusa un’immagine negativa.

dal network pareri negativi sui vaccini
La reale efficacia dei vaccini ha diviso e divide la comunità scientifica. Quello che forse non era prevedibile era che tra gli avversari più accaniti di questo genere di terapie preventive ci fossero i social network e il variegato mondo che li abita.

In questi luoghi comunitari del web, le vaccinazioni sono viste come le streghe di molti anni fa. La metafora è di Daniel Jacques Cristelli, presidente del Gruppo vaccini di Farmindustria, che l'ha usata per commentare una ricerca del Censis su dati del 2010. Secondo questa ricerca, oltre 4 informazioni su 5, reperibili nei nuovi media, parlano dei vaccini in termini negativi.

Il 95 per cento delle circa 40 mila pagine di Facebook che trattano di vaccini, veicola informazioni negative. Analogo il caso di Youtube e di altri social network meno diffusi. Si salva invece Twitter.

I risultati dell’indagine sembrano dare un’immagine distorta della realtà, dove l’opposizione è molto meno forte di quanto appaia sul web e le persone continuano a sottoporsi alle vaccinazioni di rito.Di più a quelle obbligatorie molto meno a quelle raccomandate.

E infatti i social network non rappresentano, almeno per il momento, la realtà. Segnalano tuttavia una nuova pericolosa tendenza: che l’informazione sul web diventi confusa e che si perda l’autorità.

Una veloce ricognizione su Facebook dimostra come le preoccupazioni di Cristelli siano fondate. I vaccini vengono definiti di volta in volta mortali, una truffa o truffa del secolo,una tremenda malattia, un grosso business per l’industria farmaceutica e perfino una arma biologica per ridurre la popolazione.

Nel loro No ai vaccini, i gruppi, con minore o maggiore intensità, si oppongono alle menzogne e le falsità della medicina ufficiale e cercano di mostrare come innumerevoli dati fasulli e falsi vengono introdotti nella società contemporanea. Alcuni si limitano ad asserzioni pressoché gratuite, ma non mancano i gruppi che portano a supporto del no ai vaccini dati scientifici e opinioni di esperti (o presunti tali).In taluni casi si mette in guardia da eventi avversi, reali, dei vaccini in altri si mette in dubbio il principio stesso a cui devono la loro efficacia.

Nel frattempo internet continua a conquistare posizioni rispetto alle altre fonti di informazioni sulla salute. Si registra un aumento dell’accesso diretto all’informazione da parte degli utenti e un calo di rilevanza dell’informazione face to face, ha illustrato Ketty Vaccaro, responsabile Settore Welfare del Censis presentando le ultime rilevazioni del Centro che mostrano come sia cambiato negli ultimi anni lo scenario dell’informazione sanitaria.

Se all’inizio del millennio, l’88 per cento delle persone interpellate dichiarava di ottenere le informazioni dal proprio medico o dall’esperienza personale, nel 2010 la percentuale crolla al 45 per cento. Specularmente fanno un balzo in avanti i mezzi di comunicazione: TV e radio passano dal 29,9 al 64 per cento, la stampa dal 48,4 al 54,4 per cento. Internet dal 3,4 al 18 per cento.

Il profilo dell’utente abituale tracciato dal Censis (prevalentemente maschio, giovane e colto) sembra stabilire inoltre un nesso tra cultura e sfiducia nell’autorità che va oltre l’empowerment del paziente: tra le persone con un più alto grado di istruzione il 23 per cento acquisisce informazioni per discutere con il proprio medico (a fronte del 12% dell’utenza totale), stesse percentuali per quanti usano le informazioni per controllare l’operato del medico, mentre un 8-9 per cento le impiega per contraddirlo.

Tra gli utenti della Rete, poi, tre su cinque (59%), dichiarano di essere interessati alla salute e, di questi, i due terzi affermano di improntare il proprio comportamento alle informazioni ottenute sul web. Non si tratta quindi di informazione sterile, ma che produce degli effetti sulla salute.

Da questo nasce la preoccupazione, che ha portato oggi rappresentanti dell’industria, delle istituzioni, del mondo scientifico e dei media a confrontarsi sui rischi di un’informazione in cui l’autorevolezza della fonte è conseguenza della sua visibilità.

Fonte: AGI
 

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