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Ovaie riattivate in provetta: donna sterile partorisce un bimbo
Concepimento - Articoli
Scritto da Tatta Bis     Mercoledì 02 Ottobre 2013 14:41    Stampa E-mail
GravidanzaUna donna di 30 anni, ritenuta sterile, ha dato alla luce un bambino, la nascita è stata resa possibile da una tecnica sperimentale che consiste nel rimuovere le ovaie, trattarle in laboratorio e reimpiantarle. 
 
La tecnica consiste nel “risvegliare” in provetta le ovaie delle pazienti e poi trasferirle di nuovo nell’utero, il traguardo è stato reso possibile dalla collaborazione durata diversi anni tra un team di medici dell’ospedale giapponese e uno di medici della Stanford University (California). 
 
Mamma Bambino

Questa tecnica è ancora in fase sperimentale e ha coinvolto un piccolo gruppo di donne giapponesi con un particolare problema di sterilità, alcuni esponenti della comunità scientifica sperano che possa aiutare anche donne dai 40 anni in su che hanno difficoltà a rimanere incinte.
 
La neomamma ha partorito lo scorso dicembre a Tokio, lei e il bambino godono di ottima salute come ha dichiarato il dottor Kazuhiro Kawamura della St. Marianna University School of Medicine di Kawasaki, in Giappone. 
 
Il medico, insieme ad altri colleghi, ha descritto la nuova tecnica in un rapporto pubblicato su "Proceedings of the National Academy of Sciences". Alla donna era stata diagnosticata una insufficienza ovarica primaria, conosciuta come menopausa prematura. 
 
La riattivazione delle ovaie in vitro potrà aiutare donne che oggi non possono in alcun modo avere un figlio dato che non riescono a produrre ovociti.
 
Il dottor Kawamura e la sua equipe al termine del procedimento sperimentale, che è durato sei settimane, sono riusciti a ottenere ovuli da cinque delle 27 pazienti. 
 
Di queste, una ha avuto un aborto, una non è riuscita a rimanere incinta, due hanno alla fine rinunciato, del gruppo, 13 donne avevano follicoli residui. 
 
Su di loro i medici hanno effettuato una frammentazione del tessuto ovarico riattivandolo in vitro, poi hanno spento la proteina Pten, che secondo le ricerche si opponeva al “risveglio” dei follicoli ovarici. 
 
Grazie alla laparoscopia hanno reinnestato alle pazienti le loro ovaie. Nel gruppo erano 14 le donne completamente prive di follicoli e per loro non c’è stato nessun aiuto possibile, come ha spiegato Aaron Hsueh, della Stanford University, autore dello studio.
 
Questa nuova tecnica anti-sterilità potrebbe realizzare il sogno mai svanito a tante donne di diventare mamme anche in situazioni difficili, specie come le tante donne che oggi non possono in alcun modo avere un figlio proprio perché sono colpite da una specie di ”menopausa precoce”. 
 
La tecnica è stata battezzata "riattivazione ovarica in vitro" e ha già consentito di dare alla luce un bebè, un maschietto, e un’altra paziente è attualmente incinta. 
 
Proprio in Giappone, che per mano del medico Kazuhiro Kawamura, che è nato il primo bebè, un maschietto sano. La riattivazione delle ovaie in vitro è un’invenzione che potrà aiutare donne che oggi non possono in alcun modo avere un figlio proprio perché non riescono a produrre ovociti. 
 
Si tratta di donne colpite dalla cosiddetta ‘insufficienza ovarica primaria, un difetto dell’ovaio, caratterizzato dalla scomparsa prematura dei follicoli ovarici, ben prima dei 40 anni. 
 
I ricercatori però, in anni e anni di studi in vitro e su animali, hanno capito che nelle ovaie di queste donne sterili vi sono ancora delle ”chance” di procreare, ovvero vi sono ancora dei follicoli, benché piccoli e ”spenti”, disattivati. 
 
Gli esperti hanno scoperto come risvegliarli mettendo insieme, come le tessere di un puzzle, una serie di informazioni raccolte da precedenti ricerche.
 
L'approccio è diverso da quello che è stato fatto per preservare la fertilità in alcuni pazienti affetti da cancro, per cui normalmente il tessuto ovarico veniva rimosso e conservato. 
 
Il nuovo metodo ha coinvolto le ovaie che non riescono a funzionare normalmente. Il trattamento sperimentale è stato progettato per stimolare follicoli dormienti. 
 
Il dottor Sherman Silber del centro contro l’infertilità di St. Louis sempre negli USA, ha criticato l'approccio del metodo, dicendo che ha avuto successo per l’utilizzo di farmaci, piuttosto che per un intervento chirurgico per curare la particolare condizione. 
 
Inoltre è in disaccordo con la spiegazione dei ricercatori per il motivo per cui il loro trattamento ha funzionato. Alcuni altri esperti hanno sottolineato che il trattamento farmacologico spesso non funziona. 
 
I nuovi risultati, per gli stessi autori della ricerca, devono essere considerati come preliminari. Per Giovanni D'Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, al di là delle vivaci polemiche tra esperti circa tali studi sperimentali, nonostante le critiche, fanno ben sperare che si sia intrapresa la strada giusta per ridare speranza a tutte quelle coppie desiderose di avere dei figli che possano ereditare integralmente il patrimonio genetico di mamma e papà. 
 
 

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