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Fecondazione in vitro: nessun rischio di tumore |
Concepimento - Articoli | |||
Scritto da Tatta Bis Martedì 19 Marzo 2013 08:54 | |||
Le donne che per diventare mamme ricorrono alla fecondazione in vitro non rischiano di ammalarsi di tumore al seno o all'endometrio a causa della forte somministrazione di ormoni a cui si sottopongono per accrescere la propria fertilità.
La notizia arriva da uno studio condotto da ricercatori americani e israeliani su un grande numero di donne seguite per molti anni e pubblicato recentemente sulla rivista Fertility and Sterility, che risponde ai dubbi a cui da tempo i medici dedicavano le loro attenzioni per tutelare la salute delle pazienti. Il dato noto è che un numero sempre maggiore di coppie ricorre a procedure di fertilizzazione in vitro (IVF) per problemi di infertilità. Le statistiche, in Italia, parlano di circa 60 mila coppie. Queste, ogni anno per avere un figlio, si avvalgono di questa strategia di procreazione medicalmente assistita. I risultati sperati si raggiungono in un caso su tre e il presupposto indispensabile per i medici è di tutelare la salute della futura mamma: la somministrazione di ormoni alla donna, parte indispensabile del percorso medico, può causare effetti collaterali. Questi possono essere l'aumento di peso, vertigini, nausea, vomito, dolori addominali, nel breve periodo. Alcuni sono conosciuti e controllati, altri invece, come il rischio di un tumore, erano ancora "sotto stretta osservazione" perché i dati fino ad oggi disponibili sulla possibile associazione tra IVF e sviluppo di alcune neoplasie erano controversi. Alcuni studi mostrano un aumento del rischio, altri una riduzione e altri ancora nessuna correlazione. Le procedure di fecondazione in vitro comprendono spesso la somministrazione di potenti stimolatori dell'ovulazione e la conseguenza è l'esposizione delle donne a livelli elevati di estrogeni e prelievi ripetuti a livello delle ovaie. Era stato ipotizzato che queste procedure potessero determinare un aumentato rischio di sviluppare tumori sensibili alle manipolazioni ormonali o ai traumi meccanici subiti dalle ovaie, quali neoplasie del seno, dell'utero e dell'ovaio, come spiega Lucia Del Mastro, responsabile dell'Unità Sviluppo Terapie Innovative all'Azienda Ospedaliero-universitaria San Martino Istituto tumori di Genova, esperta in gravidanza e tumori. La ricerca fatta dagli scienziati americani e israeliani (ad oggi quella numericamente più importante sull'argomento) ha confrontato il rischio di sviluppare queste tre forme di cancro tra 19.795 donne non sottoposte a concepimento assistito e 67.608 donne che avevano invece scelto di cercare un figlio con l'aiuto di tecniche di IVF tra il 1994 e il 2011. I risultati dimostrano che le pazienti trattate per la procreazione assistita non presentano un rischio maggiore rispetto alle altre di sviluppare un tumore del seno o dell'endometrio. Esiste invece un lieve possibile legame con l'aumento del rischio di cancro ovarico, ma i dati non sono sufficienti a stabilire un chiaro rapporto causa ed effetto. Il pericolo sembra riguardare soprattutto chi si è sottoposta a un numero maggiore (quattro o più) di cicli di stimolazione ovarica. Questi risultati sono rassicuranti per tutte le donne che scelgono la fecondazione in vitro ma, visto che il tempo di osservazione dello studio è breve (8 anni) rispetto al tempo nel quale si potrebbero sviluppare i tumori, gli autori raccomandano un monitoraggio adeguato soprattutto delle ovaie. Il dato riportato dallo studio che indica un possibile aumento del rischio di neoplasia ovarica con l'aumentare del numero di stimolazioni ovariche effettuate, sottolinea l'importanza di una rivalutazione dell'adeguatezza della Legge 40 che, impedendo la congelazione degli embrioni, riduce in parte l'efficienza delle tecniche di IVF. La conseguenza è la necessità di sottoporre le donne italiane ad un numero di stimolazioni ovariche maggiore rispetto alle donne che effettuano queste procedure in paesi nei quali il congelamento degli embrioni è consentito.
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