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Strasburgo boccia l'Italia: la diagnosi preimpianto va consentita |
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Scritto da Tatta Bis Martedì 12 Febbraio 2013 09:51 | |||
La legge 40 deve essere modificata: anche le coppie fertili portatrici di malattie genetiche hanno il diritto di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Non solo, a queste coppie deve essere concessa la possibilità di verificare la presenza della malattia negli embrioni prima di procedere all'impianto.
La legge 40 del 2004 sulla procreazione assistita ha ricevuto la bocciatura definitiva da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo nella parte in cui non consente la diagnosi preimpianto alle coppie portatrici di gravi malattie. L'incoerenza delle normative italiane, che negano l'accesso alla procreazione medicalmente assistita e alla diagnosi pre-impianto alle coppie portatrici di malattie genetiche, ma consentono alle stesse coppie di ricorrere all'aborto terapeutico nel caso in cui il feto risulti affetto dalle stesse malattie. La Corte dei diritti dell'uomo (con sede a Strasburgo) ha respinto ieri il ricorso del Governo italiano contro la sentenza emessa nell'agosto scorso. Questa definiva incoerente l'impianto della legge sul punto della diagnosi e in contrasto con l'articolo 8 della Convenzione europea che sancisce il diritto al rispetto della "vita privata e familiare". A ricorrere alla Corte era stata una coppia portatrice di fibrosi cistica. Nicolò Paoletti, legale dei coniugi, ha affermato che con la bocciatura del ricorso del Governo, la legge 40 dovrà essere adeguata alla Carta europea dei diritti dell'uomo, come previsto dalla sentenza della stessa Corte lo scorso 28 agosto. La legge deve prevedere l'accesso alle tecniche di fecondazione medicalmente assistita (Pma) anche per le coppie fertili portatrici di patologie trasmissibili ai figli. In questo momento, solo le coppie infertili hanno accesso a trattamenti di procreazione medicalmente assistita. Oggi è stata eliminata una dolorosa discriminazione nell'accesso alle cure. Per cambiare la legge è però necessario un intervento del Parlamento. Il problema è stato sollevato due anni fa da Rosetta Costa e Walter Pavan, genitori di una bambina affetta da fibrosi cistica e portatori della malattia che ha deciso di interrompere una seconda gravidanza. Questo dopo aver scoperto che anche il bambino che aspettavano era affetto dalla stessa patologia. La coppia si era rivolta a Strasburgo perché la legge 40 non consentiva loro di sottoporsi alle tecniche di fecondazione assistita e di far analizzare i loro embrioni prima di trasferirli nell'utero di Rosetta. La Corte aveva dato ragione alla coppia, ma il Governo ha presentato ricorso nei confronti della sentenza. Con il rigetto del ricorso, la Grand Chambre ha ribadito l'incoerenza della legge italiana. Dovrà essere quindi adeguata alla Carta Europea per i Diritti dell'Uomo. Con la loro decisione, i giudici della Corte europea dei diritti umani hanno aperto le porte alla procreazione medicalmente assistita, nonché alle diagnosi preimpianto alle coppie affette o portatrici sane di malattie genetiche. La Corte ha sancito l'incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto.
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