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I carboidrati fanno aumentare il desiderio di cibo |
Benessere - Alimentazione |
Scritto da Letizia Perugia Giovedì 04 Luglio 2013 14:38 |
I carboidrati, come pane ed altri farinacei, biscotti, torte e merendine, ma anche altre prodotti al alto Indice Glicemico (IG), come patatine, riso e pasta possono agire sul cervello, aumentando il desiderio di cibo. Fanno salire il loro consumo e rendono più soggetti a dipendenze alimentari.
Questo è stato descritto da una ricerca del Boston Children's Hospital (sezione Obesity Prevention Center), diretta dal dottor David Ludwig e pubblicata sul "Journal of the American Medical Association".
La ricerca è iniziata reclutando 12 volontari: maschi, tra i 18 e i 25 anni, sovrappeso o obesi. Sono stati successivamente divisi in due gruppi e hanno assunto un frullato con caratteristiche organolettiche uniformi. Il frullato del primo gruppo aveva carboidrati ad alto IG, quello del secondo gruppo un basso IG. Quattro ore dopo il pasto, i volontari hanno subito una scansione cerebrale con la risonanza magnetica funzionale per immagini (o fMRI) e misurazioni dei livelli di zuccheri nel sangue e lo stimolo della fame.
Secondo i risultati, il primo gruppo (frullato ad alto IG) aveva avuto un rapido picco di zuccheri, decaduto quattro ore dopo il consumo. In questa fase, la glicemia era rapidamente calata, la fame diventava eccessiva ed il nucleo accumbens, regione del cervello, si attivava in maniera notevole.
Il secondo gruppo (frullato a basso IG) invece mostrava livelli di zucchero aumentati e poi calati in maniera graduale. Il sistema è regolato dall'Indice Glicemico che in base al valore, provoca o meno l'emissione di dopamina (ormone della ricompensa).
Questa può favorire l'associazione cibo-benessere, favorendo il troppo mangiare e le dipendenze alimentari. Questo avviene a parità di calorie e dolcezza percepita.
Il dottor David Ludwig, coordinatore dello studio, spiega come questi risultati suggeriscono che limitare i carboidrati ad alto indice glicemico (pane bianco e le patate) potrebbe aiutare le persone obese a ridurre l'appetito e controllare la voglia di mangiare troppo.
Secondo i ricercatori, i risultati dimostrano che, a parità di calorie e dolcezza dell’alimento, la differenza la fa l'Indice Glicemico, poiché è proprio questo ad aver mostrato di agire sul cervello, innescando i processi legati al piacere e la ricompensa, con un meccanismo che può portare le persone a mangiare troppo.
Ad un indice glicemico più basso è connessa una minore quantità di insulina in circolo nell'organismo e di conseguenza un alleggerimento del lavoro del pancreas.
L'indice glicemico è un sistema di valuatazione della qualità dei carboidrati, basato su un punteggio da 0 a 100, in grado di differenziare quelli che vengono digeriti, assorbiti o metabolizzati velocemente, ossia ad alto indice glicemico (IG o GI), da quelli che lo sono lentamente, ossia a vasso IG.
Esso viene calcolato testando, su volontari sani, quanto aumenta la glicemia in risposta al consumo di un alimento contenente una quantità standard di carboidrati (50 grammi), rispetto alla stessa quantità di glucosio (assunto sotto forma di acqua zuccherata).
La risposta glicemica (RG o GR) è il valore complessivo che indica l'andamento dei livelli di glucosio rilevabili nel sangue dopo aver assunto qualunque alimento contenente carboidrati. Questa può variare da persona a persona ed è influenzata dall'alimentazione e dallo stile di vita.
Gli alimenti a basso IG sono inclusi nella dieta mediterranea tradizionale e sono lenticchie, fagioli, ceci, pasta e orzo. In generale, i carboidrati meno lavorati, meno cotti e più grezzi hanno l'IG e il CG più favorevole.
La cottura al dente della pasta e del riso, tipica della cultura nazionale italiana, ha quindi anche favorevoli implicazioni di salute.
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