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Nuove dipendenze: gli hikikomori |
Bambini - Articoli |
Scritto da Serena Cellotto Giovedì 24 Novembre 2016 17:29 |
Numerosi studiosi giapponesi hanno analizzato fenomeni simili all’occidentale bullismo e sono emersi risultati significativi. I ragazzi hikikomori (ragazzi tartaruga, eremiti tecnologici) scelgono di ritirarsi nella propria stanza, in maniera apparentemente non motivata, ininterrottamente per un lunghissimo periodo, senza rapporto alcuno e vivendo per lo più di notte, perennemente connessi ai terminali elettronici: Internet, tv satellitare, dvd, cd musicali, playstation.
Questa esperienza, secondo le stime, ha assunto dimensioni inquietanti: oltre un milione i giovani giapponesi colpiti, la maggior parte di sesso maschile dai 16 ai 24 anni. Le varie indagini commissionate dal governo nipponico non concordano sulle cause ma tutte citano, come fattore scatenante, episodi di bullismo: maltrattamenti, derisione ed emarginazione da parte dei pari. Pur restando tipicamente giapponese, recentemente, sembra che la sintomatologia si inizi a riscontrare anche nei ragazzi dei paesi occidentali, in particolare anglosassoni. Le vie di fuga di chi non riesce a vivere i rapporti con i coetanei, se non con dolore, appaiono impensabili per le altre generazioni e l’esempio giapponese è emblematico per capire a quali profondità depressive ed autodistruttive possa arrivare la sofferenza adolescenziale odierna.
Il fenomeno giapponese è l’emblema dell’uso distorto di internet: dastrumento di comunicazione, in alter ego di un mondo parallelo e alternativo a quello reale, che porta verso la chiusura nei confronti del mondo esterno. Hikikomori in giapponese significa letteralmente ‹‹stare in disparte, isolarsi››.
Tamaki Saitō, Psicologo e scrittore giappones,e è stato il primo psicoterapeuta a studiare quello che viene definito un disturbo («non una patologia») ed è stato anche il primo a evidenziare alcuni punti di contatto tra i ragazzi giapponesi e alcuni altri casi mondiali. Gli hikikomori arrivano addirittura al punto di lasciare la scuola, abbandonare gli amici e interrompere ogni tipo di comunicazione, in favore di un completo isolamento.
La società giapponese non approva questi giovani e finisce per definirli malati, anche se medici e terapeuti sostengono che non si tratti di malattia: il giovane si isola per riposare o per reazione a episodi di bullismo. Il problema insorge con il trascorrere del tempo, quando la reclusione può provocare patologie come psicosi, fobie, regressioni e violenza domestica. Per i nipponici, avere un figlio con questo disturbo è un disonore tale che la famiglia mantiene il segreto per anni prima di interpellare un medico.
Tra le radici del fenomeno, gli studiosi evidenziano anche un contesto famigliare disagiato, nel quale la "non presenza" del padre, troppo concentrato sul lavoro, e il legame madre-figlio che travalica i suoi naturali confini, influiscono molto sulla problematica del figlio, che risulta incapace di affrontare le avversità. La chiave di lettura, forse, è quella di corpi sovversivi che attraverso la loro volontaria reclusione compiono azioni forti e fanno esplodere le contraddizioni di ogni società.
Per questo motivo infatti, pur essendo un sintomo tipicamente giapponese, preoccupa molto, dal momento che si sta allargando in Corea, Usa, Nord Europa, Italia; però, mentre i ragazzi giapponesi fuggono da regole troppo severe, gli altri scappano dall’incapacità di gestire vere relazioni di gruppo.
Trattasi di vere e proprie dipendenze comportamentali: le “Nuove Dipendenze” (o new addictions) comprendono tutte quelle nuove forme di dipendenza in cui l’oggetto è un comportamento o un’attività lecita e socialmente accettata (dipendenze sociali o legali; Alonso Fernandez, 2004)
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