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Progetto Aita: Campus estivi per aiutare i bambini autistici
Bambini - Articoli
Scritto da Tatta Bis     Lunedì 29 Luglio 2013 15:52    PDF Stampa E-mail
autismo2Sono tornati a casa i 115 bambini affetti da autismo che hanno partecipato ai campus estivi del Progetto Aita Onlus. L'obiettivo del progetto era favorire l'integrazione attraverso lo sport praticato assieme a coetanei "normali". 
 
L'esperienza è cominciata 10 anni fa a Catania ed è poi stata estesa a Roma e Milano grazie alla collaborazione con circoli sportivi già organizzati, il Cus Catania, il Belle Arti e la Fondazione Milan. Luigi Mazzone, neuropsichiatra infantile del Bambino Gesù che ha patrocinato l'iniziativa, chiarisce che in questo caso non c'è la presunzione di proporre una terapia. 
 
Autismo2
Dichiara inoltre che notato che i campus costituiscono un buon punto di partenza per migliorare la qualità di vita delle famiglie e aumentare il tono dell’umore dei ragazzi. 
 
Il prossimo anno verrà introdotto un sistema di valutazione scientifica sugli effetti della vacanza.  Lo stesso modello nel 2014 verrà esportato in altre città e può essere considerato l’unico finora riprodotto in più realtà. 
 
Il rapporto tra bambini e psicologi è di uno a uno, le "coppie" sono inserite in gruppi formati da ragazzi normali ed è per questo che si parla di integrazione, favorita dalle attività ludiche e sportive ideali per socializzare. 
 
Le attività svolte sono il calcio, l'arrampicata, il nuoto, a seconda delle strutture del club. Non esiste un criterio di selezione basato su specifici criteri. 
 
Mazzone ha lavorato come ricercatore a Washington, presso il National Institute of Health e alla Columbia University mentre all'Ospedale pediatrico Bambino Gesù si occupa in particolare dell’ambulatorio sull’autismo (inserito nel reparto diretto da Stefano Vicari che comprende oltre al day hospital dei letti per il ricovero in caso di accertamenti). 
 
Esiste un segnale che possa indirizzare i genitori verso il sospetto che il bambino abbia un problema? L'esperto spiega che nel primo anno di vita è molto difficile che si possa arrivare alla diagnosi. Tra 18 e 20 mesi ci sono comportamenti che potrebbero orientare di più come il ritardo del linguaggio, la mancanza di risposta, l’assenza del sorriso, la mancanza di contatto oculare. 
 
Ormai tutti, genitori e non, sanno cosa sia l’autismo, ma non è facile accettarlo.
 
Approfondimenti: Sito Aita

 

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