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Nick D'Aloisio: diciassettenne milionario grazie ad una app che fa i riassunti per gli smartphone |
Bambini - Articoli |
Scritto da Tatta Bis Mercoledì 27 Marzo 2013 09:47 |
Nick D'Aloisio è un diciassettenne che è diventato milionario grazie all'invenzione di una app che fa i riassunti per gli smartphone. Lui è solo l'ultimo di una generazione di piccoli geek che rivoluzioneranno la Rete. Nick D'Aloisio ha 17 anni, è milionario: ha appena venduto la sua app per iPhone a Yahoo per trenta milioni di dollari più un posto di lavoro in quella che è stata una delle società simbolo del successo del web degli anni '90.
Nick è nato nel 1996, a Londra, dove è tornato per frequentare il King's College dopo un periodo in Australia. Nella sua biografia su Wikipedia, si dice che ha ricevuto il primo personal computer a nove anni, che ha scritto nella sua cameretta la prima app a 12 anni e che sempre lì a 15 anni ha sviluppato Trimit, una app che faceva automaticamente il riassunto di testi lunghi per visualizzarli sul telefonino. Ad appoggiare Summly c'è Horizon Ventures, che fa capo al miliardario delle telecomunicazioni di Hong Kong Li Ka-shing, fra i primi, anni fa, a credere in Nick e a firmare così un assegno da 300mila dollari. Ci sono anche l'attore Ashton Kutcher, il manager di Lady gaga Troy Carter, Shakil Kahn di Spotify e Mark Pincus di Zynga. E Yoko Ono Lennon. La cosa ebbe subito un certo successo, e Nick riuscì a farsi dare 300 mila dollari da un investitore. Sei mesi dopo la app era tutta nuova, anche nel nome: Summly, la app consente di visualizzare le notizie online, prelevandole da centinaia di siti diversi e realizzandone attraverso complessi algoritmi un riassunto di circa 400 caratteri. L'idea venne a D'Aloisio mentre si preparava per un esame di storia, facendo lunghe e dispersive ricerche sul web. Summly è stata subito rimossa dallo store di Apple con questo bilancio: 90 milioni di riassunti creati e letti in pochissimi mesi. Quello che stupisce in questa storia è l'età di Nick D'Aloisio. Il primo multimilionario con i brufoli. In realtà il creatore di Summly è il caso più clamoroso, ma non è il primo. Prima di lui c'erano stati Robert Nay che a 14 anni ha creato Bubble Ball, un giochino scaricato due milioni di volte in appena due settimane nel 2010. Thomas Suarez che a 12 anni ha creato Bustin Jieber, un gioco per sfottere i fans del cantante Justin Bieber, nel 2011. Dylan Viale, che a 10 anni ha creato Quacky Quest, un videogame per giocare con la nonna cieca, nel 2012. Nelle foto Dylan ha ancora l'apparecchio ai denti e questo potrebbe far storcere il naso a qualcuno insospettito da questo esercito di giovani geni che sembra fatto apposta per il gran circo dei media. Ma non è così. Dietro questi fenomeni non c'è la fortuna: c'è la capacità di programmare che non vuol dire fare programmi, ma "scrivere codice", il linguaggio in cui è fatto il web. Robert Nay l'ha imparato da solo, frequentando una libreria pubblica e in questo modo ha scritto personalmente le oltre quattromila linee di codice di cui è fatto Bubble Ball. Mentre il video in cui Thomas Suarez racconta come ha imparato da solo "Python, Java e C" (tre linguaggi di programmazione tra i più noti), ha collezionato oltre un milione di clic in pochi giorni. Il codice web è potere, è la nuova arma in mano a una generazione che spesso ha imparato da sola e pensa in questo modo di poter davvero conquistare tutto. Qualche giorno fa l'associazione Code.org ha lanciato una campagna mondiale per chiedere ai governi di introdurre per tutti a scuola l'obbligo di studiare le basi della programmazione (come già accade in Estonia da settembre). I testimonial, nel video "quello che gran parte delle scuole non insegnano", subito diventato virale, sono il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg e quello di Microsoft Bill Gates. Il messaggio subliminale è che se sai programmare forse puoi davvero diventare come loro: ricco e famoso. Imparare a programmare non vuol dire che poi diventerai un informatico, spiega Zuckerberg che sostiene di aver imparato da solo per un motivo semplicissimo: voleva fare qualcosa di divertente per me. Bill Gates racconta invece che aveva 13 anni quando per la prima volta ha avuto un computer, ha scritto un programma perché voleva fare un videogioco. Poi ha fondato Microsoft. Ancora più interessante è quello che dice lo sviluppatore di videogiochi Gabe Newell, cioè che i programmatori di domani saranno i maghi del futuro. Rispetto a tutti gli altri, sembrerà che loro siano dotati di poteri magici. Il codice web non è magia: è un'arte, ripete chi ne conosce i segreti. I ragazzi stanno provando, rischiando, sperimentando, magari dopo il giochino un giorno faranno una cosa seria come è accaduto qualche mese fa a Jack Andraka. A 15 anni ha vinto una competizione mondiale con uno sticker che consente di individuare il tumore al pancreas con molta più efficacia e con molti meno costi di tutti gli altri strumenti in circolazione. La sua spinta è stata la morte di tumore al pancreas dello zio e allora ha scoperto che è una delle forme di cancro più letali. Ci è riuscito con la rete, ha cercato, ha provato, ha sperimentato, poi ha bussato alla porta di 179 docenti in cerca di aiuto, e il 180esimo gli ha detto: è una buona idea, Jack, proviamoci. Così Jack Andraka ha vinto l'ISEF 2012 ma, abbiamo qualche speranza in più di battere un giorno la forma più temuta di cancro e questo grazie ad un ragazzino di 15 anni che ha fatto tutto da solo. Questa è la cultura della rete che incoraggia l'apertura, la condivisione, la collaborazione e il rischio perché il vero fallimento è non averci provato. Ci si domanda dove finiscono questi giovani geni, se impazziscono o si buttano ai Caraibi a spendersi i soldi guadagnati quando erano troppo giovani. Robert Nay ha aperto una società, la NayGames, e lo stesso ha fatto Thomas Suarez, fondando la CarrotCorp. Di solito chi inizia a scrivere codice non lo fa solo per diventare ricco: di solito vuole davvero cambiare il mondo e quindi non si ferma più. |
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