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I sogni cominciano a 5 anni |
Bambini - Articoli |
Scritto da Alessandra Rebecchi
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![]() Uno studio dell'Università del Wisconsin a Madison dedica un capitolo della sua ricerca più generale sui sogni allo sviluppo dell'attività onirica infantile: secondo i dottori Giulio Tononi e Yuvai Nir il sogno come lo intendiamo noi adulti, ricco di movimento, colori e interazioni non verrebbe sviluppato che attorno al settimo anno di età. I bimbi non sognano come gli adulti Negli anni '80 lo psicologo americano David Foulkes ebbe un ruolo pionieristico nell'ambito dello studio dei sogni infantili: in quella sede sperimentò che, se svegliati durante la fase Rem (quella in cui avvengono i sogni), tutti gli adulti avevano una scena più o meno bizzarra da raccontare, mentre solo il 20% dei bambini ricordava di aver sognato qualcosa. Il meccanismo onirico è strettamente legato alla difficoltà di pensare gli oggetti, per cui è dipendente dallo stato di maturazione della facoltà di immaginazione: in merito a questo i ricercatori dell'Università del Wisconsin infatti spiegano infatti che la causa del basso numero di casi di bambini che raccontano i loro sogni non è da ricercare né nello scarso vocabolario, né nella controvoglia nel collaborare con il dottore che ha osato svegliarli sul più bello. Fino ai 5 anni di età i sogni sono paragonabili a fotografie, con scene fisse e protagonisti immobili, anche le emozioni e le interazioni con e tra i personaggi sono assenti: a partire da quest'età invece l'attività onirica comincia a seguire una, seppur semplice, trama, con protagonisti che, seppur poco, interagiscono tra loro. Le persone che hanno perso la vista in età superiore alla soglia dei 5 anni invece, seppur non avendo gli occhi funzionanti, continuano a sognare per tutta la vita le scene che i loro occhi hanno potuto registrare, proiettandole sulla corteccia visiva. Le emozioni nelle notti dei piccini arrivano con il settimo anno di età, provano gioie, paure e rivivono episodi avvenuti durante il giorno o nei giorni precedenti, diventando protagonisti di storie sempre più complesse e articolate, colorate e popolate. Approfondimenti: Studio pubblicato sulla rivista Trends in Cognitive Sciences |
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