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Scarlattina, cosa sapere quando viene contratta in gravidanza
Gravidanza - Articoli
Scritto da Maria Rea     Mercoledì 30 Luglio 2014 12:32    PDF Stampa E-mail
donna saluteLa scarlattina è una malattia infettiva diversa da varicella e morbillo perchè non è causata da un virus ma da un batterio, lo streptococco. Solitamente il contagio avviene soprattutto quando si è bambini ma può capitare di ammalarsi anche da adulti. Inoltre una volta contratta non si è immuni perché vi sono diversi ceppi e perciò aver avuto questa malattia da piccoli non è sinonimo di garanzia.

In genere non si temono rischi particolari; le preoccupazioni però triplicano durante la gravidanza, in quanto possono verificarsi malformazioni al feto.

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I pareri dei medici sulla contrazione di tale malattia però sono differenti: c'è chi sostiene che l'unico rischio sia un parto prematuro, chi prevede addirittura malformazioni al feto (se la scarlattina viene contratta nel primo trimestre di gravidanza), mentre la maggior parte ritiene che questa malattia può essere solo un fastidio per la madre, ma non provoca alcun danno al bambino.
 
Dal momento che il batterio della scarlattina vive a lungo fuori dal corpo umano, il contagio può avvenire non solo stando vicini a persone che hanno contratto la malattia ma anche tramite oggetti. I giorni più infetti sono quelli in cui compaiono i disturbi, mentre si smette di essere contagiosi dopo 48 ore dall'inizio della terapia antibiotica. 

Tra i principali sintomi vi sono febbre alta, cefalea, mal di gola, dolori all'addome, linfonodi del collo ingrossati, macchie che inizialmente si presentano su collo e inguine e poi si diffondono sul resto del corpo e la lingua che assume un colore biancastro con dei puntini rossi. La febbre di solito dura 3/5 giorni mentre il mal di gola può durare più tempo perché ci vogliono alcune settimane per far sgonfiare le tonsille e le ghiandole.
 
Di sicuro, la prima cosa da fare se ci si ammala di scarlattina in gravidanza (così come per qualsiasi altra malattia), è rivolgersi al proprio ginecologo che valuterà se effettuare un tampone vaginale per verificare il rischio di passaggio del batterio al feto durante il parto (se si è vicini alla data) e potrà prescrivere un'eventuale cura antibiotica, solitamente a base di penicillina.


 
 

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