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Bambina operata nella pancia della mamma per correggere una grave malformazione cardiaca |
Gravidanza - Articoli |
Scritto da Letizia Perugia Venerdì 28 Febbraio 2014 10:45 |
Per la prima volta in Italia è stato applicato un stent al cuore di un feto in ambiente intrauterino: l'intervento è stato effettuato il 31 gennaio scorso all'Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo su un feto di 33 settimane.
L'intervento è avvenuto senza praticare incisioni nell'addome della madre nè nell'utero, il team di medici ha praticato una settostomia atriale, consentendo la comunicazione fra i due lati del cuore, e poi ha posizionato il dispositivo per mantenere aperto il foro.
Il feto era affetto da ipoplasia del cuore sinistro, una malformazione che comporta il mancato sviluppo della metà sinistra dell’organo, e comprende un delle anomalie che si presentano con un'incidenza di un caso ogni diecimila feti. Questa sindrome era anche aggravata dalla totale chiusura del setto atriale, verificatasi alla 32° settimana, una situazione del genere permette la sopravvivenza in utero, ma non alla nascita, quando la chiusura totale del setto si rivelerebbe fatale (renderebbe impossibile ossigenare il bambino con qualsiasi manovra rianimatoria).
Questa operazione al momento è unica nel suo genere in Europa (per la prima volta infatti il catetere è stato inserito dal polmone).
L'équipe era formata da otto medici ( ginecologi, cardiologo, anestesista, ostetriche e infermiere) che sono riusciti ad intervenire sul feto tramite una sonda, con un ago speciale, che è passato attraverso la placenta della mamma e poi attraverso un polmone e infine nel cuore, dove è stato impiantato un micro stent, che si allargherà fino a 4 millimetri riaprendo il passaggio del sangue tra la metà destra e la metà sinistra del cuore e rendendo regolare l’ossigenazione del cuore.
Grazie all’intervento la gravidanza prosegue ora regolarmente e tra dieci giorni la bambina nascerà, dovrà intraprendere un percorso di cure, con almeno tre interventi chirurgici, per correggere la malformazione al cuore.
Solo grazie all’intervento subito prima del parto che la nascitura ha chance di sopravvivere. Questo approccio è una variante della tecnica standard utilizzata nei centri di riferimento nordamericani, dove l’accesso avviene pungendo direttamente il cuore dalla parte destra e indirizzando l’ago sul setto interatriale verso sinistra.
La scelta di passare attraverso il polmone ha consentito di minimizzare i rischi di traumi connessi alla procedura consueta e di utilizzare materiali di dimensioni più grandi rispetto a quelli impiegati di solito, più adatti all’età e al peso di questo feto.
Una volta posizionato correttamente l’ago, Matteo Ciuffreda, medico della Cardiologia 1, ha inserito all’interno della cannula una minuscola guida e su di essa un catetere provvisto di stent, che è stato gonfiato e rilasciato in sede cardiaca per mantenere aperto il foro praticato con la settostomia.
Il controllo ecografico immediato ha confermato il corretto posizionamento dello stent e il ripristino del passaggio di sangue dai polmoni al cuore, obiettivo dell’intervento, come ha illustrato Ciuffreda.
Questo consente di prevenire in utero la compromissione irreversibile della funzione polmonare e di non andar incontro a morte certa alla nascita.
I rischi delle procedure intrauterine sono alti e le rendono necessarie in pochi casi selezionati, per i quali i benefici superino i rischi, lo ha spiegato Luigi Frigerio, Direttore del Dipartimento materno infantile.
La procedura è perfettamente riuscita, ma è solo il primo passo: lo stent ha consentito di migliorare la circolazione polmonare del feto che, dopo la nascita, potrà affrontare il lungo percorso che aspetta i piccoli affetti da ipoplasia del cuore sinistro.
Questa cardiopatia resta inguaribile, ma se adeguatamente seguita non impedisce una vita normale. Gli specialisti di Bergamo stanno sviluppando, oltre ai trattamenti in epoca fetale, procedure ibride e volte alla riabilitazione chirurgica del ventricolo sinistro, cercando allo stesso tempo di individuare i geni responsabili di questa rara patologia.
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