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Tumori al seno: arriva la radioterapia intraoperatoria mirata (Targit) |
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Scritto da Maria Ida Longo Mercoledì 09 Giugno 2010 15:43 | |||
Dai risultati del primo studio internazionale sulla radioterapia intraoperatoria mirata (Targit), resi noti alla Conferenza dell'American Society of Clinical Oncology (Asco) a Chicago e anticipati online da Lancet emerge che, la (Targit) è in grado di ottenere la stessa efficacia di quella convenzionale nella riduzione della recidiva del tumore al seno con il vantaggio di essere eseguita durante l'intervento chirurgico. Secondo la spiegazione del Cro (Centro di riferimento oncologico) di Aviano, ciò significa che, oltre alla riduzione delle liste di attesa e ai risparmi significativi per il sistema sanitario, ci sono cure molto più conveniente per le pazienti. Lo studio è stato avviato nel 2000 dallo University College of London e nel corso del tempo hanno aderito 28 centri in 9 paesi diversi e tre continenti, nel 2004 si è aggiunto il Centro di Riferimento Oncologico (Cro) di Aviano che è cronologicamente il quarto dei 28 centri e il terzo per numero di pazienti arruolati (239 pazienti su un totale di 2.232).
Samuele Massarut, chirurgo senologo e Mario Roncadin, radioterapista, spiegano che, lo studio è stato condotto su un campione di 2.232 donne, le quali sono state selezionate secondo alcuni criteri, ovvero: età maggiore di 45 anni e con tumori definibili a rischio medio basso di recidiva, dimostrando così che in questi casi la radioterapia intraoperatoria è efficace quanto quella convenzionale. I ricercatori proseguono spiegando che, la radioterapia intraoperatoria utilizzata nel protocollo Targit consiste in un solo intervento, dove una volta asportato il tumore, si inserisce nella cavità chirurgica un applicatore sferico avvolto da tessuto mammario, la sfera quindi viene chiusa all'interno della quadrantectomia in modo che la dose radioterapica si posiziona solo sul letto tumorale, ovvero negli stessi nei tessuti sui quali si verifica il 90% delle recidive di tumore dopo un intervento di asportazione. Così facendo, la dose radioterapica resta molto più localizzata, consentendo quindi di evitare la radioterapia successiva all'intervento, risparmiando il tempo di attesa per la radioterapia e le conseguenze fisiche e psicologiche che essa comporta. La dose radioterapica applicata anche se elevata nella sede mammaria, diversamente della radioterapia tradizionale, decade rapidamente fino quasi a scomparire a 5 cm dall'applicatore, evitando quindi di colpire gli organi limitrofi, come cuore, polmone ed esofago; quindi il trattamento risulta più sicuro per gli organi interni e migliore anche dal punto di vista della tossicità e dell’estetica. Fonte: Asca
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