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Scoperta sequenza di DNA non umano in pazienti con Leucemia mieloide acuta
Benessere - Articoli
Scritto da Letizia Perugia     Venerdì 18 Novembre 2016 11:21    PDF Stampa E-mail
dnaLa leucemia mieloide acuta è una malattia che si sviluppa a partire dal midollo osseo (mieloide) e che progredisce velocemente (acuta). Le cellule del sangue sono presenti nel midollo osseo sotto forma di "precursori" e, attraverso un percorso di maturazione, si possono differenziare in globuli bianchi (tra cui i linfociti), globuli rossi, o piastrine.
 
Se in questo percorso che li porta a diventare "adulti" i precursori" (tranne quelli dei linfociti) vanno incontro a una trasformazione in senso tumorale, si arriva alla LMA, colpisce soprattutto gli uomini, i casi si presentano con più frequenza dopo i 60 di età, tuttavia i malati hanno età diverse, oggi si riescono a curare circa il 40-45% dei pazienti. 
 
 
Un gruppo di ricerca milanese, ha scoperto che i pazienti che presentano questa malattia hanno una sequenza genetica "aliena", potrebbe esserci l’«infezione» di un virus o di un batterio, che inserisce un pezzo di Dna nelle cellule sane causandone la trasformazione in cellule tumorali.
 
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista "Scientific Reports" ed è una ricerca tutta italiana, anzi tutta made in Milano grazie alla collaborazione tra i ricercatori dell'Università degli Studi di Milano e gli ematologi dell’Ospedale Niguarda. 
 
Il lavoro, completamente autofinanziato con il sostegno delle Associazioni di Volontariato (Associazione Malattie del Sangue Onlus di Milano e Como Hematology and Oncology di Como), apre a nuovi scenari per le cure e per la comprensione dei meccanismi che portano all’instaurarsi della patologia oncologica che in Italia fa registrare 2 mila nuovi casi l’anno.
 
All'origine ci sarebbe una proteina che innesca la proliferazione cellulare, gli studiosi hanno evidenziato che in oltre un paziente su due c’è una correlazione tra la malattia e una porzione di DNA presente nelle cellule leucemiche che non è di tipo umano.
 
Un'evidenza importante che richiederà ulteriori passaggi di approfondimento per capire quale sia la fonte di questo “corpo estraneo” nel genoma dei pazienti e con quali meccanismi agisca . 
 
Si pensa alla “pista microbiologica” con virus e batteri coinvolti nei meccanismi di patologia ma è ancora presto per avere un identikit preciso. La scoperta apre a nuove branche di ricerca. 
 
Tutto nasce dall’evidenza di una sovra-espressione della proteina WNT10B nella cellula leucemica: già in uno studio di 4 anni fa aveva evidenziato che la proliferazione cellulare incontrollata, tipica dei meccanismi tumorali, presentava un’iper-espressione di questa proteina. 
 
Visto poi che, dietro una proteina c'è sempre un gene che la codifica ci siamo focalizzati sulla corrispondente porzione di Dna , gli studiosi sono andati a ritroso e si sono chiesti chi impartisse questo ordine in grado di attivare un loop auto-proliferativo senza interruzione.
 
Grazie ad una serie di tecniche di biologia molecolare molto avanzate, usate solo in pochi centri a livello mondiale, sono riusciti a identificare una variante dell’oncogene WNT10B.
 
La scoperta è importantissima: negli anni a venire ovviamente richiederà una serie di approfondimenti per risalire alla specie a cui il DNA appartiene e per chiarire i meccanismi che hanno portato all’incorporazione. 
 
Per la fase di matching, confronto con tutte le sequenze non umane note, sarà fondamentale la collaborazione con enti di ricerca internazionali che mettano a disposizione banche di DNA non umano molto vaste.
 
I ricercatori hanno trovato un’altra correlazione, la stessa alterazione genetica anche in alcune cellule di tumore della mammella, e evidenze al momento sono meno approfondite, ma è un input di ricerca che potrebbe delineare novità importanti anche per questa patologia. 
 
Per la ricerca sono state usate tecniche antiche e moderne: per individuare la giusta variante dell'oncogene WNT10B i ricercatori hanno usato tecniche di biologia molecolare molto avanzate e usate in pochi centri nel mondo, ma è grazie a tecnologie meno avanzate che hanno individuato "l'intruso" ossia grazie ai sequenziatori automatici un po' vintage, perché i macchinari di ultima generazione avrebbero scartato le sequenze non umane in automatico senza analizzarle.
 
 

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