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Farmaci per la pressione riducono il rischio di demenza |
Benessere - Articoli |
Scritto da Tatta Bis Mercoledì 09 Gennaio 2013 12:30 |
L'allarme arriva dai medici e dai pazienti che credono sia necessario creare nuovi farmaci per curare malattie e disturbi finora ancora privi di una terapia efficace. C'è una branca della medicina in continua espansione: è quella che si occupa di valutare l'uso "off-label", cioè fuori prescrizione, dei farmaci già esistenti. Accade molto spesso in oncologia che un farmaco pensato per un particolare scopo riveli le sue vere potenzialità nell'impiego clinico per un altro disturbo.
L'ultimo caso eclatante riguarda i beta-bloccanti che sono farmaci usati per curare l'ipertensione, le aritmie cardiache e l'angina. Secondo uno studio, che sarà presentato al 65° meeting annuale dell'American Academy of Neurology, abbasserebbero il rischio di sviluppare demenza nei pazienti che li usano. Lo studio è stato svolto da ricercatori delle Hawaii e rivela che chi assume beta-bloccanti ha un minor rischio di riportare al cervello i danni tipici dell'Alzheimer. La ricerca ha coinvolto 774 anziani nippo-americani maschi che avevano preso parte all'Honolulu-Asia Aging Study, uno studio sull'invecchiamento. Di questi, 610 soffrivano di pressione alta, oltre la metà erano curati con farmaci contro l'ipertesione. Tra i pazienti circa il 15% aveva assunto solo un beta-bloccante, il 18% aveva preso sia un beta-bloccante sia altri farmaci, mentre gli altri erano stati trattati solo con altri farmaci. Le autopsie svolte su coloro che sono morti nel corso dello studio hanno consentito di analizzare il loro cervello: qualunque tipo di cura contro l'ipertensione era meglio che nessuna cura e coloro che erano stati curati solo con beta-bloccanti presentavano meno anomalie al cervello rispetto a chi non era stato curato o era stato trattato con altri farmaci per la pressione. A un livello intermedio si collocavano invece coloro che erano stati curati sia con beta-bloccanti sia con altri medicinali. Gli studiosi del Pacific Health Research and Education Institute di Honolulu descrivono due categorie di danni: quelli tipici dell'Alzheimer e un altro tipo di lesioni chiamate "microinfarti". Questi si possono attribuire a minuscoli ictus subiti e non riconosciuti né diagnosticati in vita. Chi aveva assunto beta-bloccanti, da soli o in associazione con altri farmaci, presentava inoltre un minor restringimento cerebrale (altro segno classico dell'Alzheimer). L'ipertensione può favorire l'insorgere della demenza senile, secondo i ricercatori l'uso di beta-bloccanti avrebbe invece l'effetto opposto e aiuterebbe a ridurre i danni al cervello. Ancora non è chiaro però se i beta-bloccanti agiscano in contrasto all'ipertensione e ai danni da essa causati o se siano di per sé protettivi per la demenza. Visto che sia l'una sia l'altra malattia sono previste in costante aumento, è chiaro il ruolo potenzialmente molto positivo di questi farmaci se altri studi li confermeranno in grado di tenere a bada entrambe. |
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