I distributori automatici di merendine, patatine, cioccolato, caramelle e bevande gassate (il cosiddetto junk food) nei corridoi scolastici, non sono la causa principale di obesità tra i ragazzi.

Sono incriminate invece le abitudini familiari, come la possibilità di accedere al frigorifero e alla dispensa a qualsiasi ora della giornata e del tempo libero, indipendentemente dai controlli, se poi questi sono fatti senza convinzione e con scaffali pieni di cibo spazzatura.

Una conclusione scioccante e inaspettata, arrivata dopo uno studio americano condotto da Jennifer Van Hook, docente di sociologia e demografia alla Pennsylvania State University, su un campione di 19 mila studenti di  10-11 anni e di 13-14 anni, dal 2003 al 2007, pubblicato in "Sociology and Education".

I ricercatori hanno calcolato che il 59,2% degli studenti di 10 anni e l'86% di 13 anni frequentavano scuole in cui veniva venduto il junk food. Nel triennio quindi potevano accedervi facilmente, ma non è stata riscontrata una crescita esponenziale dell'obesità. Anzi, gli studenti sovrappeso diminuivano in una percentuale media del 35%.

Gli studiosi hanno faticato a credere ai risultati ottenuti, considerando che la scuola era accusata di pensare principalmente ad incrementare il business di merendine. La ricercatrice Van Hook e la co-autrice Claire Altman  hanno  anche dichiarato che hanno aspettato anni a divulgare la notizia.

La scuola occupa solo una piccola parte della giornata in cui gli studenti sono impegnatissimi, oberati di lavoro e con solo una pausa in orario ben determinato, limite che non sussiste a casa, o nel tragitto scuola-casa, o nel tempo libero. Molti bambini poi sviluppano una determinata preferenza per i gusti dolci in età prescolare che si consolida crescendo, difficile da correggere, dove le tentazioni nella scuola secondaria non sono incidenti sulla salute.