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L'80% dei malati di cancro perde o cambia lavoro |
Benessere - Articoli |
Scritto da Angela Messina Giovedì 10 Novembre 2011 10:03 |
Il Censis, in collaborazione con Roche e le associazioni di volontariato Favo, ha realizzato un'indagine sui pazienti oncologici dalla quale è emerso che i pazienti fanno una valutazione positiva per quanto concerne l'assistenza sanitaria e la risposta medica, mentre bocciano invece i servizi sociali.
In Italia sono circa 2 milioni le persone che hanno avuto una diagnosi di cancro e tra questi il 77% giudica ottimi (25,7%) o buoni (51,6%) i servizi sanitari con cui è entrato in contatto dal momento della diagnosi. Il 18% li giudica sufficienti e meno del 4% insufficienti. Gli aspetti più apprezzati sono la capacità professionale di medici e infermieri, valutata positivamente da circa l'80% dei pazienti; la qualità dei servizi di day hospital e ambulatoriali, 78,2%; i servizi degli ospedali e dei luoghi di ricovero,77,4%. Due terzi dei pazienti, 65,6, sono però convinti che esistano disparità territoriali nella qualità di alcuni servizi erogati e nell'accesso alle cure più efficaci e innovative. Non a caso il 21% dei pazienti si rivolge a strutture di regioni diverse da quelle di residenza. La voglia di reagire è il sentimento più comune ai pazienti, presente in oltre un terzo delle risposte, seguita dalla paura (30,6%), da incredulità (21,4%), rabbia (19,3%) e ansia (14,4%). La famiglia per chi si ammala di tumore è da subito il pilastro di riferimento, tanto che l’82,5% degli intervistati ha come persona di riferimento un familiare: coniuge o convivente, figli, fratelli, genitori. Con la consueta differenza tra malati uomini e donne: se oltre il 62% dei maschi ha come caregiver la propria moglie o convivente, solo il 43% delle donne ha il compagno come principale riferimento. Le donne possono contare di più sui figli e su se stesse, visto che è più alta la quota di quante dichiarano di assistersi da sole. Quello psicologico è l’ambito in cui sono emersi i maggiori problemi per oltre il 35% degli intervistati, che denunciano sfiducia, perdita di interesse, difficoltà ad accettare gli effetti collaterali delle cure. Altrettanti malati hanno poi avuto difficoltà nella vita quotidiana. Sono insorti disagi in un quarto delle famiglie e circa il 22 per cento ha avuto difficoltà nel lavoro. Vanno poi considerati i disagi e deficit psicofisici con i quali i pazienti devono imparare subito a convivere: un elenco molto lungo e articolato di problemi fisici e psicologici che condiziona il vivere quotidiano. Tra gli aspetti negativi quello del lavoro, infatti a causa del tumore, più di 274mila persone nel corso degli ultimi 10 anni sono state licenziate, costrette alle dimissioni o comunque a cessare la propria attività autonoma. Nonostante questi ostacoli, dall'indagine emerge come sia però più rapido rispetto al passato l'inserimento sociale. Il tempo che intercorre tra l'intervento chirurgico o i trattamenti medici e il rientro nella normale vita quotidiana è infatti sceso dai 17 mesi in media di dieci anni fa ai 4 mesi di oggi. Una riduzione di 13 mesi in dieci anni, che riflette il balzo in avanti delle terapie antitumore. |
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