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Al via ieri la nuova direttiva sui medicinali vegetali |
Benessere - Articoli |
Scritto da Martina Paolucci Lunedì 02 Maggio 2011 10:01 |
E' scontro tra le associazioni dei consumatori e gli organi competenti dell'Unione Europea in tema di "Medicinali vegetali tradizionali (Herbal Medicinal Drugs)". Questa nuova categoria giuridica comprende tutte quelle preparazioni farmaceutiche a base di erbe che in qualche modo vanno a fare concorrenza ai medicinali chimici veri e propri. Da ieri, primo maggio 2011, scade il termine di 7 anni per il periodo transitorio stabilito per l'adeguamento dei preparati alla Direttiva n.24 ratificata dal Consiglio dei Ministri Europeo dell'11 marzo 2004. Questa direttiva prevede un iter simile a quello obbligatorio per i medicinali chimici anche per tutte le preparazioni a base vegetale, cercando di omogeneizzare le disposizioni dei vari paesi europei, limitando eventuale concorrenza sleale.
Il principio alla base della Direttiva del 2004 è che tutti i medicinali venduti al pubblico necessitino di autorizzazione, e a questo non possono sottrarsi nemmeno i prodotti naturali. La questione, però, nasce da un'incongruenza tra i dati forniti e le visioni delle parti, che sostengono interessi diversi e si accusano a vicenda di allarmismo da una parte e favoritismi dall'altra. La UE infatti, parla di maggiore sicurezza per i cittadini che acquistano questo tipo di farmaci in modo più consapevole e trasparente, mentre, sull'altro versante, le associazioni dei consumatori gridano al sostegno del mercato delle multinazionali farmaceutiche minacciate dalla sempre maggiore diffusione dei medicinali naturali rispetto a quelli chimici. La Direttiva UE, per disciplinare il mercato, prevede una procedura semplificata di registrazione dei composti che elude gli obblighi dei medicinali tradizionali consentendo di evitare test e prove clinche. Per i medicinali a base di erbe vengono richiesti rapporti che garantiscano la non nocività del prodotto e un uso a scopo terapeutico di almeno 30 anni nel mondo e 15 in Europa. L'accusa delle associazioni è che questi limiti possano scoraggiare in particolare paesi lontani dal sistema burocratico europeo, ostacolati da una scarsa conoscenza e familiarità col tipo di norme e regolamenti. I medicinali più a rischio sarebbero quelli cinesi, quelli ayurvedici e quelli tibetani. Il problema è anche economico, in quanto, a parere dell'Unione Europea, la procedura semplificata garantirebbe uno sforzo poco oneroso per le autorizzazioni che andrebbe dai 5 ai 20mila euro a prodotto, contro cifre molto più alte dichiarate dai consumatori, che rischierebbero di tagliar fuori molti piccoli produttori e prodotti poco noti. Dalla Direttiva rimangono comunque esclusi tutti i prodotti di erboristeria, estratti vegetali e integratori alimentari. Quest'ultimo aspetto alimenta le polemiche e sostiene la tesi per cui il tutto sia voluto proprio per sostenere l'industria farmaceutica. Al momento sono stati regolarizzati circa 150 prodotti, di cui 60 in Germania e 40 in Inghilterra. Dall'Italia un solo prodotto, il Pelargonium Sidoides, una pianta sudamericana utilizzata contro le infezioni delle vie respiratorie. Ancora, l'accusa di associazioni come l'Alliance for Natural Health (ANH) o il sito Naturamedica.com è che la nuova direttiva abbia solamente portato ad una maggiore confusione, in quanto tuttora non è ben chiaro ciò che può essere venduto e ciò che è vietato. Da qualche giorno, intanto, l'Avaaz si è mobilitata con una raccolta filme per far saltare la European Directive on Traditional Herbal Medicinal Products: servono un milione di firme e già al 30 aprile ne erano state raccolte 400.000. |
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