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Scoperto l'ormone che aiuta a recuperare la memoria
Benessere - Articoli
Scritto da Angela Messina     Martedì 01 Febbraio 2011 13:55    PDF Stampa E-mail
memoriaUna recente scoperta, l'ormone IGF-II (insulin like growth factor II), fatta da una studiosa italiana, Cristina Alberini che opera presso la Mount Sinai School of Medicine di New Yoirk, potrebbe aprire la strada verso il recupero della memoria per i soggetti la cui memoria è compromessa da malattie come la sindrome di Alzheimer o l'ictus.

La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Nature, è stata effettuata su alcuni topolini, ai quali è stato iniettato l'ormone in questione all'interno dell'ippocampo, regione deputata alla gestione della memoria. I topi erano stati addestrati a eseguire un percorso evitando una zona buia. Dopo appena due giorni l’ormone della memoria era già a bassissimi livelli e infatti i topi che avevano concentrazioni minori tornavano nella zona proibita.

scoperta, da una ricercatrice italiana, l'ormone che aiuta a recuperare la memoria
Il supplemento di ormone ha cambiato le carte in tavola, ha modificato lo status dei ricordi da memoria a breve termine a memoria a lungo termine, con effetti che potrebbero essere trasportati negli essere umani. Dalle successive analisi, è emerso che la sua presenza ha permesso di fissare il ricordo di azioni apprese due settimane prima, con maggiore intensità.

Secondo la studiosa, i risultati potrebbero aprire nuove prospettive nella cura di malattie che coinvolgono la memoria come l’Alzheimer, l’ictus e l’invecchiamento.

Bisogna però considerare che l'ormone sprigiona i suoi effetti durante le cosiddette fasi attive, cioè immediatamente dopo l'apprendimento o anche subito dopo il ricordo di una memoria. Il prossimo passo sarà quello di comprendere se è l'assenza di tale ormone o del suo recettore a dare il via alle malattie neurodegenerative.

In collaborazione con Robert Blitzer, Professore Associato di Farmacologia al Mount Sinai, il team di ricerca ha anche valutato l’impatto di IGF-II a livello cellulare. E ha scoperto che l’IGF-II ha avuto un impatto sul potenziamento a lungo termine (LTP). L’LTP è un tipo di plasticità sinaptica, o il cambiamento nella forza dei punti di contatto tra cellule nervose, che si crede essere critica per la formazione della memoria a lungo termine.

Il dott. Blitzer e il suo team hanno scoperto che l’IGF-II ha promosso una stabile plasticità sinaptica, rafforzando la trasmissione del segnale tra le cellule nervose e il suo mantenimento per un periodo di tempo più lungo.

Fonte: IAMM
 

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