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Scoperta la molecola che blocca le metastasi |
Benessere - Articoli |
Scritto da Angela Messina Mercoledì 28 Luglio 2010 14:00 |
Un gruppo di scienziati italiani dell'Istituto per la ricerca e la cura sul cancro di Candiolo, nella provincia di Torino, ha isolato una proteina in grado di determinare o meno la divisione e la moltiplicazione cellulare in alcuni tumori.
La proteina è stata battezzata Semaforina E3, proprio perché alla stregua di un semaforo stradale può dare via libera ai meccanismi che generano la formazione delle metastasi. I ricercatori tentano ora di trovare il modo per disattivare la molecola, quando ci riusciranno, alcuni tipi di cancro saranno sconfitti per sempre, ad esempio il tumore del colon retto, fra le neoplasie più difficili da contrastare, e il melanoma.
Altri tumori, come quello al seno, potranno beneficiare di una personalizzazione della cura, migliorando così l'efficacia del trattamento. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Journal of Clinical Investigation, sulle pagine della quale il prof. Luca Tamagnone dell'Ircc di Candiolo dichiara che stanno lavorando sulle semaforine dalla fine degli anni '90 e, delle venti individuate, sono riusciti a selezionare quella che dà il via libera alle metastasi, la E3. In laboratorio, sulle colture e sulle cavie, sono riusciti a spegnere questa molecola, bloccando la quale si fermano le metastasi. L'aver individuato il target da colpire consente di lavorare sui possibili rimedi mirati, anche se questo obbiettivo non è dei più facili e quindi non attrae grossi investimenti da parte delle case farmaceutiche. I risultati fin qui conseguiti dovrebbero suscitare nei giovani l'interesse per la ricerca. Nello stesso numero della rivista compare un’altra ricerca dell’istituto di Candiolo, finanziata dalla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro e dall’Università di Torino. In questo caso, i ricercatori guidati da Alberto Bardelli hanno scoperto che l’Everolimus, un farmaco finora utilizzato solo nel carcinoma del rene, è efficace anche per quelli del colon retto che presentano una particolare variante genetica. Spiega Bardelli che questo farmaco si usa da un paio d'anni per il carcinoma renale e che la novità è la possibilità di utilizzarlo per altri tipo di neoplasie, al colon retto e alla mammella, senza doverlo testare prima su tutti i pazienti malati di cancro. Diversamente dalla chemioterapia, che spara a mitraglia, è a bersaglio molecolare. Si è rivelato efficace, dagli esperimenti in vitro e dalle prove fatte sui tessuti umani, sulle cellule del tumore al colon retto che hanno una mutazione dei geni Pik3ca e Pten. Bardelli e i suoi colleghi puntano a una personalizzazione sempre più accentuata delle cure per il cancro, infatti dichiara che in futuro non si distingueranno più i tumori per sede d'organo, ma per mutazione genetica. Questo vuol dire, in concreto, dare al malato il farmaco giusto sulla base delle lesioni molecolari del cancro che ha. Fonte: ANSA |
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